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Ricordo che da ragazzo andavo a pescare, quando potevo, recandomi per l’occasione in qualche macero abbandonato, così come in canali, piuttosto che nei fiumi pedemontani o nei laghi.
In compagnia, o da solo, assimilavo sensazioni che ora, a distanza di parecchi anni, ricordo distintamente, radicati nella memoria come retaggio di una formazione simbiotica con l’ambiente, la natura, gli animali, gli insetti, l’acqua, il cielo, l’aria, in un contesto di francescana ed essenziale bellezza.
In queste cornici sul cui sfondo si esaltava l’ordine naturale delle cose, spiccavano elementi particolari, a prima vista insignificanti, che si rivelano adesso, a posteriori, come l’essenza stessa di quel miracolo patrimoniale che consiste nella diversità e nella complessità degli esseri viventi, animali e vegetali.
Una caratteristica costante, nei mesi primaverili, quando mi capitava di vagabondare alla ricerca di gustose morchelle, o dei ‘dormienti marzuoli’ , così come dei germogli di pungitopo, cercando anche in zone sabbiose, umide, presso corsi d’acqua, vicino ai canneti, era quella di registrare inconsciamente, come dandolo per scontato, un caratteristico suono, un ripetitivo e assillante richiamo che scaturiva dalla gola di un simpatico animaletto : il ranocchio.
La presenza di questo protagonista indiscusso del territorio, ricercato anche dagli estimatori delle sue carni per saziare gli appetiti di voraci buongustai, era praticamente endemica e rilevabile da quel continuo concerto dei solisti che lo interpretavano.
Cra cra cra cra…. Il gracidare continuo si fondeva con il resto dell’ambiente circostante, creando un’amalgama inscindibile che ne permetteva un naturale proseguo.
In compagnia, o da solo, assimilavo sensazioni che ora, a distanza di parecchi anni, ricordo distintamente, radicati nella memoria come retaggio di una formazione simbiotica con l’ambiente, la natura, gli animali, gli insetti, l’acqua, il cielo, l’aria, in un contesto di francescana ed essenziale bellezza.
In queste cornici sul cui sfondo si esaltava l’ordine naturale delle cose, spiccavano elementi particolari, a prima vista insignificanti, che si rivelano adesso, a posteriori, come l’essenza stessa di quel miracolo patrimoniale che consiste nella diversità e nella complessità degli esseri viventi, animali e vegetali.
Una caratteristica costante, nei mesi primaverili, quando mi capitava di vagabondare alla ricerca di gustose morchelle, o dei ‘dormienti marzuoli’ , così come dei germogli di pungitopo, cercando anche in zone sabbiose, umide, presso corsi d’acqua, vicino ai canneti, era quella di registrare inconsciamente, come dandolo per scontato, un caratteristico suono, un ripetitivo e assillante richiamo che scaturiva dalla gola di un simpatico animaletto : il ranocchio.
La presenza di questo protagonista indiscusso del territorio, ricercato anche dagli estimatori delle sue carni per saziare gli appetiti di voraci buongustai, era praticamente endemica e rilevabile da quel continuo concerto dei solisti che lo interpretavano.
Cra cra cra cra…. Il gracidare continuo si fondeva con il resto dell’ambiente circostante, creando un’amalgama inscindibile che ne permetteva un naturale proseguo.
I simpatici anfibi, la cui funzione ecologica è sempre stata importantissima, sia per il controllo larvale delle zanzare e di altri insetti, costituiscono, da sempre loro stessi, un elemento nutrizionale per serpenti, uccelli, e altri predatori della catena alimentare.
Si sa che l’equilibrio di un ecosistema è sempre molto delicato, e in continuo confronto tra i componenti stessi che ne fanno parte, e cioè di quegli anelli che rappresentano, insieme, una lunga catena di specie animali e vegetali.
Ora però, devo constatare che, da molto tempo risultano assenti dalla scena naturale che li dovrebbe vedere protagonisti, proprio questi vocianti animaletti saltellanti, multicolori, e dalle varie forme.
Si sa che l’equilibrio di un ecosistema è sempre molto delicato, e in continuo confronto tra i componenti stessi che ne fanno parte, e cioè di quegli anelli che rappresentano, insieme, una lunga catena di specie animali e vegetali.
Ora però, devo constatare che, da molto tempo risultano assenti dalla scena naturale che li dovrebbe vedere protagonisti, proprio questi vocianti animaletti saltellanti, multicolori, e dalle varie forme.
I dintorni di Minerbio sono ricchi di zone umide, e di habitat naturali che dovrebbero costituire un ambiente ideale per gli anfibi.
Gli stessi areali continuano ad essere preferiti da uccelli acquatici, come l’airone bianco, l’egretta, l’airone cinerino, il tarabusino, la garzetta, la sgarza, la nitticora, il martin pescatore, qualche sporadico cormorano proveniente dalla zona di Anita, il tuffetto, così come altri volatili del tipo : ghiandaie, fringuelli, cinciarelle, cinciallegre, scriccioli, storni, gazze, tordi, merli, corvi, taccole, cornacchie, cannareccioni, ecc.
Da questa apoteosi di varietà e di biodiversità spicca l’assenza di un millenario interprete di un ruolo datogli da madre natura, che ha sempre condiviso il territorio con tutti questi protagonisti.
Si tratta, appunto della rana, del ranocchio, del gracidante anfibio, oggetto in passato di una spietata ricerca da parte degli appassionati.
Gli stessi areali continuano ad essere preferiti da uccelli acquatici, come l’airone bianco, l’egretta, l’airone cinerino, il tarabusino, la garzetta, la sgarza, la nitticora, il martin pescatore, qualche sporadico cormorano proveniente dalla zona di Anita, il tuffetto, così come altri volatili del tipo : ghiandaie, fringuelli, cinciarelle, cinciallegre, scriccioli, storni, gazze, tordi, merli, corvi, taccole, cornacchie, cannareccioni, ecc.
Da questa apoteosi di varietà e di biodiversità spicca l’assenza di un millenario interprete di un ruolo datogli da madre natura, che ha sempre condiviso il territorio con tutti questi protagonisti.
Si tratta, appunto della rana, del ranocchio, del gracidante anfibio, oggetto in passato di una spietata ricerca da parte degli appassionati.
Intere generazioni di ranocchiai, nel periodo precedente l’ultima guerra mondiale, e anche durante il suo sviluppo, quando le razioni alimentari erano ridotte al minimo, e lo spettro della fame aleggiava ovunque, hanno potuto sfamare la famiglia grazie ai gustosi animaletti.
Ora sono scomparsi…praticamente estinti…ma non solo nei dintorni di Minerbio.
Sembra che la situazione sia più allarmante di ciò che pensavo e che, ci siano grossi rischi, per la continuazione di molte specie di rane.
Ho registrato questo stato di cose anche da una ricerca in internet, attraverso cui ho potuto constatare la progressiva scomparsa di rane, rospi, e anfibi in genere, in molte parti del nostro pianeta, che ne indicano, quindi, un reale pericolo di estinzione.
Le seguenti testimonianze raccontano la gravità della situazione.
In un post pubblicato da Tostoini il 30 Marzo 2009 su Liquida magazine, sul sito : http://www.liquida.it si legge :
Potrebbe essere una delle estinzioni di massa più imponenti dal tempo dei dinosauri: secondo gli scienziati l’intero ordine degli anfibi sta andando verso la scomparsa. Rane, rospi, tritoni, potrebbero diventare presto solo un ricordo del passato.
Quando si parla di estinzione, sembra quasi che gli animali vengano divisi in due categorie :
ci sono gli animali carini, come i delfini, le foche, i panda, ancora meglio se cuccioli.
Loro sono gli “animali-immagine”:
sono belli, fanno tenerezza, ogni bambino ne vorrebbe uno.
E poi ci sono tutti altri :
animali che hanno altrettanta dignità, che sono altrettanto a rischio, ma che evidentemente non sono altrettanto fotogenici.
Un esempio sono gli anfibi.
Rane, rospi, tritoni.
Si stanno estinguendo a livello globale, ma sul loro declino non c’è abbastanza attenzione.
Eppure secondo alcuni scienziati questa potrebbe essere una delle peggiori estinzioni di massa dai tempi dei dinosauri.
Secondo una ricerca pubblicata dal Journal Proceedings of the National Academy of Sciences, stiamo assistendo alla fase acuta di una estinzione dall’inizio incerto (potrebbe essere iniziata 10.000 anni fa,o dopo la rivoluzione industriale), e il fattore enorme di novità è che si tratta di una estinzione che potrebbe avere un colpevole preciso :
noi.
Circa 200 specie anfibie si sono estinte negli ultimi 3 decenni, a causa di una infezione della pelle chiamata chitridiomicosi :
gli scienziati temono che questa malattia letale sia nata dalle modificazioni ambientali che l’essere umano ha introdotto nel pianeta.
Molte specie anfibie sopravvivono solo in uno spettro molto piccolo di temperature, e le specie montane sono più esposte ai cambiamenti del loro habitat :
l’espansione dei territori urbani potrebbe essere un altro dei fattori-chiave.
gli scienziati temono che questa malattia letale sia nata dalle modificazioni ambientali che l’essere umano ha introdotto nel pianeta.
Molte specie anfibie sopravvivono solo in uno spettro molto piccolo di temperature, e le specie montane sono più esposte ai cambiamenti del loro habitat :
l’espansione dei territori urbani potrebbe essere un altro dei fattori-chiave.
A estinguersi quindi non saranno solo le rane o i rospi, ma tutti gli anfibi.
Stiamo parlando di oltre 6.000 specie, di cui quasi 2.000 già minacciate di estinzione.
Molte le cause concomitanti :
la riduzione delle aree umide, l’invasione degli habitat, malattie, pesticidi, i cambiamenti climatici, la caccia indiscriminata.
Tra queste cause c’è anche un’infezione da funghi, la chitridiomicosi, come appunto accennato.
Molti studiosi ritengono che negli anni futuri l’allevamento in cattività sarà la chiave per affrontare questo problema.
Paradossalmente però, proprio un intervento di questo tipo, finalizzato al rilascio in natura di una specie rarissima, ha rischiato di essere vanificato dalla diffusione della chitridiomicosi :
è accaduto a Majorca, nelle Baleari, nel corso di un programma di reintroduzione condotto dal noto zoo di Jersey per riportare nel suo antico areale un rospetto endemico dell’isola.
Di cure al momento non ne esistono, ma la ricerca ha evidenziato la presenza di batteri sulla pelle di alcune salamandre che potrebbero costituire un’efficace barriera a questo patogeno.
Il chitridio non è il solo responsabile.
L’inquinamento delle acque è tornato alla ribalta con uno studio che ha evidenziato il ruolo del malatione, un insetticida organofosfato che anche a piccole dosi può avere effetti devastanti sulla catena alimentare degli anfibi.
I problemi maggiori sono stati riscontrati nelle specie che vivono in Colombia, Messico, Ecuador, Cina, Perù, Venezuela e India.
Un commento : http://giangiko.wordpress.com/2009/02/19/rane-e-rospi-in-pericolo/ :
La cordigliera delle Ande, dove abitano più di un terzo delle specie, è una delle regioni col maggior indice di minaccia.
Vari tipi di anfibi, del genere arlecchino, hanno perso l’80 per cento della loro popolazione negli ultimi dieci anni ed altri lo perderanno di qui al 2014.
Secondo i biologi, se la situazione non verrà mutata con seri provvedimenti protezionistici, le rane e i rospi si sommeranno ai 70mila animali esposti nei vari musei naturali colombiani.
Secondo il libro rosso degli anfibi della Colombia il tasso di inquinamento, destinato ad aumentare ulteriormente, è il maggior responsabile della moria di questi animali.
La loro sparizione provocherebbe dei danni inimmaginabili alla catena alimentare poiché sono predatori di insetti e, nello stesso tempo, prede di uccelli e serpenti.
Anche in Europa però gli anfibi non se la passano particolarmente bene, e l’infezione ha contagiato specie la cui scelta di habitat appartati sembrava finora aver messo al riparo dal contagio, come ad esempio gli euprotti.
Ce ne parla : http://www.lorologiaiomiope.com/?p=391
Diciamo che gli euprotti, o tritoni sardi, ce la mettono tutta a passare inosservati.
Il dato piu’ notevole su di loro e’ che sono la piu’ rara e la piu’ a rischio specie di urodelo (anfibio con la coda) europea.
Insomma sono incospicui, sono pochi e vivono in posti inaccessibili :
se non sapete cos’e’ un euprotto avete anche le vostre buone ragioni.
Tecnicamente non sono ne’ tritoni ne’ salamandre, visto che si sono separati abbastanza presto dagli altri urodeli e vivono isolati dal resto del mondo, in Sardegna.
Gli euprotti purtroppo ultimamente (a partire dagli anni ’80 del secolo scorso) non se la passano molto bene :
tutto sembra concorrere per farli estinguere.
Tra le cause principali la riduzione e la frammentazione del loro habitat per via della captazione delle acque a scopo irriguo, l’inquinamento delle acque a causa di pesticidi, la siccita’ che ha investito la Sardegna nelle ultime decadi, l’introduzione di pesci alloctoni come le trote che competono per le risorse e la cattura da parte di collezionisti.
Al momento sono classificati dalla IUCN in lista rossa come “Endangered”.
Come se cio’ non bastasse, c’e’ dell’altro.
Un team di ricercatori anglo-italiano tra cui il mio amico Stefano Doglio che mi ha cortesemente reso omaggio dei suoi articoli su questa bestia, e Trent Garner della Zoological Society London, ha recentemente scoperto, grazie a intense spedizioni sul campo comprendenti immersioni nei torrenti gelati (brrrr), che non solo l’areale del tritone sardo continua a ridursi, ma c’e’ una nuova minaccia :
un fungo parassita, il Batrachochytridium dendrobatidis.
Questo fungo e’ ben noto da tempo per fare stragi di anfibi per via della malattia che porta, la chitridiomicosi, soprattutto rane e soprattutto, in Europa, in Inghilterra ed e’ responsabile di molte estinzioni locali.
La sua origine come disastro ecologico e’ probabilmente legata ai cambiamenti climatici degli ultimi anni per via del riscaldamento globale.
In Europa, oltre nelle isole britanniche, la micosi delle rane era diffusa soprattutto in Spagna.
La tragica scoperta del team di erpetologi e’ stata l’individuazione di alcune popolazioni dei poveri euprotti, che gia’ hanno i loro problemi, con la chitridiomicosi.
I sintomi evidenziati finora sono perdita delle dita e discoloramento della cute.
Non e’ chiaro se la malattia e’ fatale per gli euprotti e in quanto tempo.
Quel che e’ noto e’ che anche un altro anfibio sardo, un discoglosso (Discoglossus sardus), sta venendo spazzato via dal suo ambiente per cause per ora ignote ma che potrebbero ascriversi al fungo.
Oltre alle infezioni da fungo, il riscaldamento globale sta creando ulteriori problemi a livello di habitat, come nel caso del Madagascar, di cui racconta Ecoblog :
Christopher Raxworthy e i sui colleghi hanno infatti notato che negli ultimi dieci anni, molte specie di anfibi e rettili stanno scomparendo dalle zone di bassa quota e si stanno spostando verso le regioni montane.
Questo fenomeno è già stato osservato in altre parti del mondo ed è in perfetto accordo con quanto osservato e predetto sulla base dei modelli climatologici.
Il problema è che in Madagascar non c’è l’Himalaya e, quegli stessi modelli climatologici che spiegano perfettamente lo spostamento osservato, predicono che entro poche decine di anni, l’altezza delle montagne malgascie non sarà più sufficiente a garantire l’esistenza di condizioni climatiche idonee alla sopravvivenza di un gran numero di specie.
Per tentare di salvare alcune specie si ricorre persino alla riproduzione in vitro, come nel caso delle rane gopher di cui racconta http://http//www.ecologiae.com/rane-gopher-in-provetta-per-salvare-una-specie-a-rischio/467/ :
Secondo le stime dei biologi, infatti, sarebbero rimasti solo 100 esemplari adulti di rana gopher, che vivono ancora allo stato selvaggio, nel loro habitat naturale, nel Mississippi.
I funzionari dello zoo di Memphis sostengono di aver già fatto nascere 94 girini in provetta.
La rana gopher ha il corpo tozzo e misura da adulta circa 7,5 centimetri di lunghezza.
Possiede grandi zampe posteriori, che le servono a passare attraverso le buche e i cunicoli, fatti dagli altri animali.
Ha il muso appuntito e grandi occhi, che protegge mettendo le zampe anteriori davanti, quando si sente minacciata.
Questa specie una volta viveva anche in Louisiana e in Alabama, ma ora si trova solo in due zone del Mississippi.
E’ stata dichiarata nel 2001 specie in via d’estinzione dal U.S. Fish and Wildlife Service perchè il suo habitat stava scomparendo, a causa dei processi naturali e dello sviluppo residenziale.
Linda LaClaire, biologa addetta alla fauna selvatica, sovrintende al progetto per ristabilire l’habitat della rana gopher nel Mississippi e afferma che l’intento dell’esperimento è di utilizzare i girini creati in laboratorio per incrementare i pochi esemplari rimasti e ricostituire la specie.
Come se cambiamenti climatici, pesticidi e funghi non bastassero, ci si mette anche l’industria alimentare.
Pare infatti che uno dei motivi di declino delle rane in alcune zone del mondo sia la cattura indiscriminata a scopi alimentari.
Leggiamo su http://www.mondoecoblog.com/2009/01/28/un-milione-di-rane-in-padella-ogni-anno-il-monito-di-conservation-biology-sul-declino-delle-specie/
I ricercatori dicono che il modello globale di raccolta ed il declino delle popolazioni naturali di rane sembra seguire lo stesso percorso già in atto per lo sfruttamento dei mari, che sta causando il conseguente collasso della pesca dovuto alle reazioni a catena provocate in tutto il mondo.
I ricercatori hanno proposto di istituire una certificazione di raccolta delle rane per migliorare il monitoraggio ed aiutare metodi di caccia che possano essere sostenibili.
Infatti, secondo Corey Bradshaw, le zampe di rana non sarebbero solo una prelibatezza francese :
“Le zampe di rana sono inserite nei menu delle mense scolastiche di tutta Europa, nei banchi di vendita dei mercati e supermercati, nelle trattorie asiatiche e nei ristoranti d’ alta classe di tutto il mondo“.
Il commercio annuale di rane è cresciuto spaventosamente negli ultimi 20 anni, da 200 milioni fino a oltre 1 miliardo di rane consumate ogni anno.
I ricercatori dicono che il modello globale di raccolta ed il declino delle popolazioni naturali di rane sembra seguire lo stesso percorso già in atto per lo sfruttamento dei mari, che sta causando il conseguente collasso della pesca dovuto alle reazioni a catena provocate in tutto il mondo.
I ricercatori hanno proposto di istituire una certificazione di raccolta delle rane per migliorare il monitoraggio ed aiutare metodi di caccia che possano essere sostenibili.
Infatti, secondo Corey Bradshaw, le zampe di rana non sarebbero solo una prelibatezza francese :
“Le zampe di rana sono inserite nei menu delle mense scolastiche di tutta Europa, nei banchi di vendita dei mercati e supermercati, nelle trattorie asiatiche e nei ristoranti d’ alta classe di tutto il mondo“.
Il commercio annuale di rane è cresciuto spaventosamente negli ultimi 20 anni, da 200 milioni fino a oltre 1 miliardo di rane consumate ogni anno.
La prossima volta che incontrate un rospo, più che baciarlo sperando che si trasformi in principe, augurtegli buona fortuna : ne avrà parecchio bisogno !
Già tre anni addietro, sul seguente blog, si potevano leggere allarmanti previsioni :
(pubblicato: lunedì 09 ottobre 2006 da lumachina in: )
http://www.ecoblog.it/post/2120/spariscono-le-rane
(pubblicato: lunedì 09 ottobre 2006 da lumachina in: )
http://www.ecoblog.it/post/2120/spariscono-le-rane
Che le rane dell’America Centrale stessero fronteggiando un rischio enorme lo avevamo già detto.
Alcuni ricercatori erano così disperati per l’avvento di un fungo killer che le stava sterminando, da riempirsi le valige di rane, nel tentativo di salvarle, trasportandole fuori dalle valli dove avrebbero fronteggiato la morte in poche settimane.
Lo stesso fungo sta minacciando anche le rane italiane.
Ora il Newsweek e Repubblica riportano la sconcertante notizia che, secondo i dati dell’Iucn (International Union for the Conservation of Natural Resources), ad essere a rischio ormai è l’intera classe degli anfibi : su un totale di 5.700 specie, ben 1.800 sono in via di estinzione.
Un altro monito, che ci avverte della drammatica situazione :
META' DI RANE E ANFIBI EUROPEI A RISCHIO DI ESTINZIONE
Tratto da :
http://www.animalitaly.it/content/view/1589/48/
fonte agi - Roma
Più della metà delle specie di anfibi viventi in Europa potrebbe essere estinta entro il 2050 a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici, della riduzione dell'habitat, di malattie infettive.
E' la conclusione a cui sono giunti gli studiosi della Società zoologica di Londra, secondo quanto riporta The independent.
Tratto da :
http://www.animalitaly.it/content/view/1589/48/
fonte agi - Roma
Più della metà delle specie di anfibi viventi in Europa potrebbe essere estinta entro il 2050 a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici, della riduzione dell'habitat, di malattie infettive.
E' la conclusione a cui sono giunti gli studiosi della Società zoologica di Londra, secondo quanto riporta The independent.
Le ultime valutazioni compiuti su rane, rospi, salamandre e tritoni indicano che molti esemplari saranno gravemente minacciati nei prossimi decenni, in particolare nell'Europa meridionale dove si prevede che il clima diventerà decisamente più caldo e arido.
"Le proiezioni pubblicate mostrano che il cambiamento climatico altera gli habitat degli anfibi e per questo stimiamo che un gran numero di specie dovrà fare i conti con la perdita del loro ambiente naturale e anche con l'estinzione", ha dichiarato Trent Garner, della Società Zoologica di Londra.
"In Gran Bretagna possiamo già constatare che le condizioni di salute dei rospi comuni peggiorano e che le possibilità di sopravvivenza si stanno riducendo.
Se il cambiamento climatico continuerà a ripercuotersi sugli habitat, la situazione peggiorerà per queste specie autoctone".
Una serie di inverni miti ha fato sì che i rospi uscissero anticipatamente dal letargo e che si ammalassero a causa della mancanza di cibo.
Un grido d'allarme e' stato lanciato anche da Sir David Attenborough, noto documentarista:
"Gli anfibi sono la linfa vitale di molti ambienti, giocano un ruolo chiave nelle funzioni dell'ecosistema, e al tempo stesso e' straordinario e terrificante che nel giro di poche decenni il mondo potrebbe perdere metà di queste specie".
Oltre ai cambiamenti climatici e alla perdita dell'habitat, gli anfibi europei sono minacciati dall'arrivo di una malattia dell'epidermide causata da un fungo letale chiamato chitride e proveniente probabilmente dall'Africa insieme con esemplari di specie esotiche utilizzate in laboratorio, che ha già ucciso molti animali in tutto il mondo.
DECLINO GLOBALE DEGLI ANFIBI
La perdita di biodiversità globale è attualmente una delle maggiori preoccupazioni a livello mondiale.
Benché l’esatto numero di specie che sta scomparendo non sia nota, si è stimato che l’attuale tasso di estinzione sia maggiore di quello mai conosciuto negli ultimi 100.000 anni .
Come parte della globale crisi di biodiversità molte popolazioni di anfibi sono in declino in tutto il mondo.
La perdita di biodiversità globale è attualmente una delle maggiori preoccupazioni a livello mondiale.
Benché l’esatto numero di specie che sta scomparendo non sia nota, si è stimato che l’attuale tasso di estinzione sia maggiore di quello mai conosciuto negli ultimi 100.000 anni .
Come parte della globale crisi di biodiversità molte popolazioni di anfibi sono in declino in tutto il mondo.
Dal 1993 si è registrato che più di 500 popolazioni sono in declino o sono elencate come specie che necessitano di particolari azioni di conservazione.
Le cause sono state imputate ad una combinazione di fattori locali come l’alterazione e la frammentazione dell’habitat, la scomparsa di ambienti idonei alla riproduzione, l’inquinamento, l’introduzione di specie alloctone, e a fenomeni su larga scala come il cambiamento climatico globale e l’aumento delle radiazioni UV-B .
In alcuni casi sono state documentate estinzioni di popolazioni in aree apparentemente incontaminate, che possono essere spiegate solo da effetti globali
come i cambiamenti climatici e/o aumento di radiazioni.
Gli Anfibi sono particolarmente sensibili ai cambiamenti ambientali :
la loro doppia vita, acquatica e terrestre, li espone infatti a pressioni ambientali proprie di ambienti diversi molto più di quanto avvenga per le altre Classi di vertebrati.
Spesso gli Anfibi sono quindi i primi animali a soffrire in aree in cui il degrado dell’ambiente è al suo inizio, spesso non evidenziato da altri descrittori.
Questo motivo fa di essi importanti bioindicatori :
il monitoraggio dello stato di salute delle loro popolazioni consente infatti di controllare lo stato dell’ambiente che sta loro intorno e di riconoscere tempestivamente situazioni di degrado.
Le cause sono state imputate ad una combinazione di fattori locali come l’alterazione e la frammentazione dell’habitat, la scomparsa di ambienti idonei alla riproduzione, l’inquinamento, l’introduzione di specie alloctone, e a fenomeni su larga scala come il cambiamento climatico globale e l’aumento delle radiazioni UV-B .
In alcuni casi sono state documentate estinzioni di popolazioni in aree apparentemente incontaminate, che possono essere spiegate solo da effetti globali
come i cambiamenti climatici e/o aumento di radiazioni.
Gli Anfibi sono particolarmente sensibili ai cambiamenti ambientali :
la loro doppia vita, acquatica e terrestre, li espone infatti a pressioni ambientali proprie di ambienti diversi molto più di quanto avvenga per le altre Classi di vertebrati.
Spesso gli Anfibi sono quindi i primi animali a soffrire in aree in cui il degrado dell’ambiente è al suo inizio, spesso non evidenziato da altri descrittori.
Questo motivo fa di essi importanti bioindicatori :
il monitoraggio dello stato di salute delle loro popolazioni consente infatti di controllare lo stato dell’ambiente che sta loro intorno e di riconoscere tempestivamente situazioni di degrado.
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Emanuele B.
Emanuele B.
in realtà la cuasa della prossima estinzione degli anfibra sembra doversi attribuire alle sostanze tossiche irrorate con le scie chimiche
RispondiEliminaOhh quest'anno le rane sono tornate, ci sono tantissime lungo i sentieri delle campagne intorno a Minerbio ma non "cantano", sono morti e gonfi, non schiacciati ma morti. Passeggiando con il cane, a tratti ne puoi trovare tre o quattro ogni 10 - 15 metri. Marzo 2017.
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