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domenica 29 novembre 2009

Il Ristorante "La Nuova Pesa di Minerbio

Mangiare, cibarsi, alimentarsi, sono tutti sinonimi relativi alla necessità che l’essere umano ha di assumere sostanze nutritive che gli consentano di continuare a vivere.
Questa prassi, che continua durante tutta l’esistenza, riveste un carattere di necessità, e di priorità, insieme a quella del bere, per poter mantenersi nella forma migliore.
In questo articolo, non voglio parlare di come l’argomento, di per sé, sia strettamente legato anche al fatto che vari strati della popolazione mondiale siano privi delle forme di sostentamento più elementari, come il cibo, o che l’indigenza alimentare la faccia da padrona nei paesi poveri, e che lo spettro della fame attanagli tanti bambini nel mondo.
Non voglio neppure sottolineare il fatto che un’alimentazione sbagliata, troppo ricca, tipica dei paesi occidentali, produca danni fisici che possono portare anche ad estreme conseguenze.
Per una volta, voglio sottolineare solamente gli aspetti positivi, e il piacere, che possono derivare da una cenetta tra partners, magari in un ristorantino tipico, in un’atmosfera soft, accompagnando il consumo dei cibi con la presenza dei vini adatti alle scelte fatte.
In questo caso, lo stereotipo dell’alimentazione, così come viene interpretato solitamente da coloro che ne subiscono il carattere di obbligatorietà, o di fastidiosa necessità, da evadere con malavoglia, viene meno, trasformandosi nella sua antitesi, dai caratteri decisamente improntati a schemi che ripercorrono ogni volta la piacevole strada che porta alla ricerca del piacere.
E’ di questo, infatti, che si tratta : piacere puro.
L’essenza primaria che sta alla base di un desiderio, è il suo stesso ottenimento, per raggiungere il quale spesso si accettano compromessi, spese accessorie, sacrifici, e quant’altro.
Non si spiegherebbe il perché, altrimenti, ci si vogliano accollare oneri importanti per raggiungere mete a cui, solitamente, la quotidianità non richiede.
Ecco che allora l’essere umano, nella sua infinita ricerca, tende ad accettare le prerogative che costituiscono il percorso di raggiungimento di questi piaceri, che possono essere di tipo materiale e fisico, palpabile, direttamente fruibile appagante per i nostri cinque sensi, così come di tipo intellettuale, spirituale, anelito di un retaggio individuale inconscio, intrinseco, personale.
Uno non esclude l’altro : ci si può immergere in una ridda di sensazioni in entrambi i modi, come per esempio regalandosi una cenetta a base di tartufo e funghi nel primo caso, e visitare una mostra di opere d’arte di qualche artista per apprezzarne i capolavori nell’altro.
Gli esempi possono variare nella loro molteplice forma, a seconda delle infinite possibilità, che vanno dalla osservazione di un airone bianco che vola ad ali spiegate in un cielo azzurro, fino alla contemplazione di un paesaggio autunnale, ricco di cromatismi suggestivi, passando per il perdersi nella profondità degli occhi della propria compagna…
La simbiosi che intercorre tra la nostra mente e i valori di riferimento del piacere si autoalimenta, alla ricerca perenne, in situazioni ottimali, di una esaltazione del gusto, del bello, e di tutto ciò che scatena in noi le emozioni ancestrali tipiche dell’essere umano.
Capita anche che si incappi in qualche delusione, causata dal fatto che, non sempre, le prerogative e i risultati raggiungano l’intensità richiesta nelle aspettative.
Facendo un esempio pratico, relativo ai piaceri della buona tavola, ci si può immaginare, come sarà già capitato a molti nella realtà, di essere in un promettente ristorantino, e che ci si appresti ad apprezzare il proprio piatto preferito : un bel filetto al pepe verde, rigorosamente al sangue.
Le persone sviluppano, durante la formazione individuale, culturale, sociale, emotiva, caratteriale, religiosa, sportiva, e politica, una particolare scala di riferimento che permette, all’uopo, di comporre abbinamenti pre registrati a livello psichico, a cui fare riferimento ogni qualvolta si ripresenti uno stereotipo già affrontato in precedenza.
Nel caso in esame, se il desiderio di un filetto al pepe verde, deve corrispondere ad uno di questi abbinamenti, come costituente di una simbiosi tra l’essenza del piacere e la nostra aspettativa di tale raggiungimento, si deve verificare la certezza che i parametri di riferimento siano quelli che il nostro subconscio riconosce come tali.
In termini elementari, possiamo affermare che se a noi il filetto piace tenerissimo, al sangue, senza un filo di nervetti, non tanto grande, con i grani di pepe verde distesi sopra la carne, e ci troviamo di fronte a una bella presentazione, a cui però, al primo taglio si evidenziano carne dura, filamentosa, con nervi che l’attraversano, magari troppo cotta, ecco che una sorta di furore ci attraversa, come se fossimo stati ingannati, come se la nostra ricerca del piacere avesse subito una brusca battuta d’arresto.
A tutti è capitato di vivere una esperienza analoga, anche a me…e, per questo motivo, quando ho voglia di mangiare bene, mi rivolgo alla mia personalissima lista di ristoranti, selezionata nel tempo, a cui fare affidamento con certezza, senza timore di traumatiche delusioni.
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Uno di questi rifugi, olimpo di una cucina mai ambigua, sempre consona alle aspettative, in un contesto elegante, raffinato e sobrio, in cui la pulizia e la cortesia sono prerogative di primo piano, è il Ristorante “La Nuova Pesa” di Minerbio.

L’indirizzo è : Via Garibaldi, 80/A a Minerbio, quasi di fronte alla Tabaccheria Lulù.
Da quando abbiamo la fortuna di frequentarlo, mia moglie ed io, possiamo raggiungere alti livelli di piacere gastronomico, in maniera totale, mai disattesa, sopra le righe, in un proseguo di sapori e di sensazioni reali, mai uguali, ma legati strettamente alle caratteristiche tradizionali di ogni piatto, in cui si riesce a trovare facilmente l’oggetto della ricerca.

L’apoteosi regna sovrana, simbiotica tra il nostro personalissimo gusto, esigente, attento, avido di sensazioni già registrate, e le presentazioni dello chef, magnifiche, abili, sincere, reali, a cui non si sottrae una evidente padronanza delle tradizioni di cucina.
Anfitrione del locale, che accoglie la clientela, è Lucia, sorridente, elegante nella sua gentilezza, disarmante, quasi timida, ma solare e competente.
Pochi giorni addietro abbiamo potuto apprezzare un menù a base di funghi e tartufo, per il quale esprimere il nostro apprezzamento a tutto lo staff del ristorante, è quantomeno doveroso.
Se iniziassi ad esprimermi in termini di complimenti dovrei fare una lunga lista per ringraziarli della loro professionalità, della cortesia, e di averci regalato il frutto del loro loro impegno in questo settore, quello della buona tavola, non facile, e spesso usurpato.
Il piacere che abbiamo provato, nella degustazione sopracitata, è stato totale, continuo nel suo proseguo, risultato di un trionfo di sapori raramente reperibile, armonioso nel suo essere, contestuale ad una sovrapposizione di sapori ineccepibile.
Il tartufo, re delle tavole autunnali, che amalgamava l’effluvio del suo aroma particolare, steso su una purea di patate, con uova, e il letto di finferle su cui era adagiata la tagliata, davano l’idea di come si potessero fondere gli elementi naturali meramente commestibili per trasformarli in un autentico capolavoro di arte culinaria, dialetticamente prostrato ai desideri di intenditori appassionati.
Ad ogni nostra tappa in questo percorso di piacere, ci accompagna la presenza di Lucia, sempre sorridente e discreta, con i suoi consigli per i giusti abbinamenti dei vini, e la sua condiscendenza verso i nostri gusti esigenti.
Rappresenta di sicuro un tassello importante, identificativo, senza il quale il locale non avrebbe la stessa valenza.
La sua cortesia è sintomatica e quasi didattica di come ci si possa sempre riconciliare con la vita, anche lavorando, o interpretando un ruolo, poiché si evince, data la sua trasparenza, che è reale, sincera, improntata allo sviluppo e all’esternazione di un carattere solare, che arricchisce chi ha la fortuna di venirne a contatto.

Consiglio quindi a tutti coloro che vogliono “andare sul sicuro” di approfittare dell’esistenza di questo angolo di paradiso, entrando nel quale la realtà quotidiana deve rimanere fuori dalla porta, per calarsi in una dimensione di sapori unica nel suo genere, e godere delle performance creative e allo stesso tempo didatticamente tradizionali di un grande del nostro territorio, un artista della cucina che interpreta un ruolo non facile con competenza e professionalità : Alessandro, il cuoco.
A lui, e a Lucia, va il nostro particolare ringraziamento.
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giovedì 19 novembre 2009

Parco Due Agosto 1980

Forse la ventilata ipotesi di responsabilità penali in seguito ad eventuali incidenti causati dalla caduta di pietre dal pilastrino fatiscente all’ingresso del Parco 2 Agosto 1980 di Minerbio, ipotesi evidenziata in un post di qualche tempo addietro, ha prodotto, come risultato, l’intervento delle autorità cittadine.
Da alcuni giorni infatti svetta, in cima al sopracitato pilastrino, una copertura di legno che, probabilmente, contiene una gettata di cemento nuovo, allo scopo di consolidare la vecchia struttura, che versava in uno stato di abbandono totale e che, come segnalato in un precedente post
(link), costituiva una possibile fonte di pericolo per i cittadini.
Evidentemente, mentre per il verde pubblico non ci sono leve particolari su cui agire nei confronti dell’Amministrazione Comunale per scuoterla dal disinteresse dimostrato al riguardo, se non il perdurante impegno nostro e di tutti cittadini a tenere alta la guardia, per la possibilità invece di incorrere in guai di tipo penale, si è ricorsi subito ai ripari.

E’ un caso che l’intervento sia successivo alla nostra segnalazione sul blog…?

E’ un altro caso che tale intervento sia limitato, per ora ad un pilastrino soltanto, e cioè a quello che versava in situazione di pericolo maggiore…?

E’ ancora un caso che per i problemi segnalati nello stesso post, non si stia invece facendo nulla…?

Sarà anche un caso che a riguardo dell’altro grosso problema, quello della mancanza di marciapiedi, si stiano facendo orecchie da mercante…ma attenzione….anche in questo caso c’è la possibilità che si possa incorrere in guai giudiziari.
E’ sufficiente che una persona nell’attraversare la strada, costretta dalla mancanza del suddetto marciapiede, (mancano anche gli attraversamenti pedonali), sia coinvolta in un incidente stradale (speriamo di no), che le denunce fioccherebbero severe e sonore…

Deve esserci sempre lo spauracchio che accada qualcosa di terribile per modificare certe situazioni in senso positivo…?
Dove sono finiti lo spirito di prevenzione, e la tutela del cittadino…?
Non basta dipingere di bianco le vecchie panchine nel “salotto buono” per risolvere i problemi !

A proposito, un paio di giorni fa mi trovavo a Vignola, e ho potuto verificare come si possa fare qualcosa per l’ambiente, risparmiando energia, come avrebbe dovuto fare il Primo Cittadino di Minerbio.

Come ?
Osservate la foto a lato :

raffigura un lampione, alimentato da energia solare.

Di lampioni come questo, a Vignola ne sono stati installati a decine, frutto evidente di una volontà politica molto diversa da quella che invece, purtroppo, subisce Minerbio.
Accontentiamoci dunque di questo pilastrino, in fase di ristrutturazione, sperando che sia foriero di uleriori, e più impegnativi piani di intervento.
Non vorremmo che l'Amministrazione Comunale patisse uno stress troppo grande, seguendo un percorso di sviluppo ecologicamente sostenibile, a favore della collettività.
Diamo loro, quindi, il tempo fisiologico di adattarsi alle nostre problematiche, anche se, in verità, sono sempre le stesse che esistevano al tempo della campagna elettorale, e dei proclami politici che inneggiavano alla loro risoluzione.
Diamo tempo al tempo... chi vivrà vedrà...
Speriamo però di vivere a lungo, visti i loro tempi di reazione...
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E.B.
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sabato 14 novembre 2009

Le scuole festeggiano gli Orti in condotta. TRANNE MINERBIO !

Si è festeggiato nel giorno di San Martino, 11 novembre, la giornata degli Orti in condotta, un'iniziativa importata dagli Stati Uniti che ha riscosso in Italia un notevole successo. Si tratta di orti scolastici dove i bambini possono coltivare i loro ortaggi, apprendere il rispetto per la natura e sviluppare un rapporto più sano con la terra.

di Andrea Degl'Innocenti
slow food orto in condotta
Si è festeggiato nel giorno di San Martino, 11 novembre, la giornata degli Orti in condotta, un'iniziativa importata dagli Stati Uniti che ha riscosso in Italia un notevole successo
Probabilmente per un bambino di oggi è più “naturale” stringere fra le mani un mouse, un cellulare o un joystick piuttosto che un pomodoro. L'ortaggio lo avrà visto a volte impacchettato e impilato negli scaffali dei supermercati o spezzettato in qualche zuppa con ogni probabilità preconfezionata (non è retorica, da uno studio della rivista Dimagrire del 2006 emerge che 7 italiani su 10 preferiscono i cibi preconfezionati).
Così in un processo di ribaltamento della prospettiva tipico dell'era moderna, ciò che è più naturale, anzi è frutto principe del rapporto fra uomo e natura e ancora oggi è alla base della nostra alimentazione, diventa strano, lontano, sconosciuto. Chiunque può sopravvivere in una città d'oggi senza sapere com'è fatta una pianta di zucchine, come si coltiva una melanzana, se le carote crescono sugli alberi o sotto terra.
Per fortuna qualcuno si è accorto di questo assurdo controsenso e ha tentato di porre rimedio. Già dagli ultimi anni ottanta l'associazione Slow Food (nata in Italia, a Bra nel 1986 ed in poco tempo divenuta internazionale) promuove la creazione di orti urbani. Intorno alla metà degli anni novanta Slow Food USA partorì l'iniziativa “The Edible Schoolyard”, che incentivava lo sviluppo degli school garden, orti educativi affidati alle scuole in cui i bambini imparano a coltivare gli ortaggi e a sviluppare un rapporto più sano con la natura. Il progetto si è in breve diffuso in tutto il mondo, giungendo in Italia nel 2003 con il nome di “Orto in condotta”.
orto scuole bambini
Gli orti scolastici in Italia sono ben 224, più del doppio delle più rosee aspettative
Ieri, 11 novembre, in occasione del giorno di San Martino che segna la fine dell'anno agrario, tutte le scuole aderenti all'iniziativa hanno partecipato alla Festa degli Orti in condotta, un ideale incontro che ha coinvolto studenti, insegnanti, genitori e nonni. E una buona occasione per tirare le prime somme dell'iniziativa.
I numeri sono più che confortanti: tre anni fa Slow Food Italia parlava di realizzare 100 orti scolastici entro il 2009, e il progetto sembrava ambizioso; oggi, che del 2009 viviamo gli ultimi mesi, gli orti scolastici in Italia sono ben 224, più del doppio delle più rosee aspettative.
Il segreto sta nell'entusiasmo di insegnanti, bambini e intere famiglie (nonne e nonni compresi), ben espresso dalle parole di Franca Manzoni, maestra di Montale Pistoiese. “A settembre, i ragazzi non sanno neppure che le carote o le patate nascono sottoterra. E non sono convinti di doversi sporcare le mani con la terra proprio a scuola, ma ben presto si lasciano conquistare. Alla fine dell’anno, quando alla mensa si ritrovano nel piatto il radicchio trevigiano, lo scansano, chiedono l’insalata del nostro orto. E consigliano alle mamme le cose giuste da comprare al supermercato”.
slow food terra
La terra fa paura perché è sporca, lascia macchie visibili sul corpo e sulle mani. E nella società di oggi ciò che si vede esiste, e fa paura
In totale sono 16.800, i baby-coltivatori, aiutati da 1400 insegnanti e da oltre 11.500 genitori e nonni. Sparsi in 19 regioni, capofila la Toscana con 49 orti seguita dal Piemonte con 41. Chini a terra, imparano a seminare, annaffiare, coltivare e ad osservare i frutti del proprio lavoro. Vedono la terra nuda, non nascosta sotto lingue d'asfalto e di cemento, l'annusano, vi affondano le mani.
La terra fa paura perché è sporca, lascia macchie visibili sul corpo e sulle mani. E nella società di oggi – la società dell'immagine – ciò che si vede esiste, e fa paura. Ciò che non si vede, non esiste. Dunque bando a diossina, ogm, nanoparticelle: chi le ha mai viste? Condanniamo piuttosto l'orto del nonno e i suoi carciofi e la lattuga sporca di fango: quanti germi si annideranno in quei grumi di terriccio? Nessuna mamma “sana di mente” lo farebbe mangiare al figlioletto senza prima averlo cosparso di amuchina.
Vincere la paura della terra significa comprendere che quanto più un alimento è vicino alla terra, prodotto seguendo i suoi ritmi e le sue leggi, tanto più sarà sano; viceversa quanto più è modificato, alterato, lontano dalla terra, sigillato, confezionato, lucido, tanto più sarà – probabilmente – nocivo.
A questo servono gli orti scolastici: ad educare i bambini, fin da piccoli, a un diverso rapporto con il cibo, al valore della biodiversità e al rispetto dell'ambiente. Ad amare la terra, sperando che da grandi se lo ricordino.
Il programma e l’elenco delle scuole che aderiscono alla giornata sono disponibili sul sito di Slow Food.
Tratto da : LINK

domenica 8 novembre 2009

Nicola Armaroli, l'agricoltura, e le biomasse.

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Giovedì 5 novembre 2009 c’è stato l’atteso incontro con il divulgatore scientifico Nicola Armaroli, per la presentazione del suo ultimo libro : "Energia per l’astronave Terra".

Dopo il discorso iniziale del Sindaco che, approfittando dell’occasione, si è esibito nel suo solito siparietto di campagna elettorale del tipo : io sono bello e bravo, e ho fatto tante cose per voi, tutte giuste e in favore dell’ambiente, finalmente il pubblico ha potuto godere appieno della presenza e delle parole del Dr. Armaroli.

La serata è stata piacevole, immersa in una narrazione fluente del relatore, svincolata da termini tecnici e da preziosismi lessicali, alla portata di chiunque volesse assimilarne i contenuti.
Le tematiche espresse mi hanno trovato in completa assonanza di intenti, e in totale simbiosi con le stesse tesi eviscerate nel corso della serata, e spero che esse possano diventare uno sprone per coloro che stanno maturando una coscienza ecologica.
L’attenzione rivolta a questi delicati problemi infatti, che coinvolgono tutti noi, e la diffusione del concetto di pericolosità e di inutilità dell’avvicinamento al ‘nucleare’ deve rimanere alta, a difesa dell’ambiente, per noi e per i nostri figli.
A fine presentazione c’è stata una breve discussione tra il relatore e il pubblico, e mi ha colpito una domanda fatta da un agricoltore al Dr.Armaroli.
Gli si chiedeva, in sintesi, la sua opinione sulla produzione di biomasse, da cui ricavare energia.
Il primo ricercatore del CNR di Bologna, Dr. Armaroli, si è espresso molto chiaramente, asserendo che gli agricoltori devono essere produttori di cibo, e non produttori di energia, o tutt’alpiù dedicare a questo settore solo gli scarti della produzione totale.
La sua risposta mi ha molto sollevato, perché concordo perfettamente con la sua visione etica del problema.
L’umanità cresce di numero in maniera esponenziale, e l’agricoltura è seriamente minacciata da una serie di problemi causati da una continua antropizzazione del territorio, per cui distaccare la produzione di cibo per orientarla verso scopi diversi dall’alimentazione sarebbe, a mio parere, un crimine, o comunque una cinica presa di posizione nei confronti degli abitanti del pianeta che soffrono la fame.
Ricordo a coloro che non ne siano a conoscenza che il Dr. Armaroli ha pubblicato due libri : “Energia oggi e domani” nel 2004, e l’ultimo, edito nel 2008, dal titolo : “Energia per l’astronave Terra”.
Di seguito, elenco alcuni chiarimenti, tratti da Wikipedia, sul significato di biomassa.

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Per biomassa si intende l’insieme di quei materiali di origine organica, animale o vegetale, che non abbiano subìto alcun processo di fossilizzazione.
La fossilizzazione è l'insieme dei processi biologici ed ambientali che, modificando i resti degli esseri viventi, e impedendone il loro disfacimento, li trasformano nel prodotto chiamato appunto fossile.
Più genericamente, il termine si applica all'intera storia di tali resti fino al loro ritrovamento.
Quindi il petrolio, il carbone e gli altri combustibili fossili, pur essendo di origine organica non possono essere definiti biomassa.
Il termine è spesso utilizzato per parlare di fonti di impianti a biomassa per la produzione di energia.
Il contenuto energetico dei diversi materiali può infatti essere sfruttato per produrre energia, costituendo un sostituto ai combustibili fossili, ottenendo emissioni di anidride carbonica molto inferiori e ambientalmente sostenibili.

Dalla fermentazione dei vegetali ricchi di zuccheri, come canna da zucchero, barbabietole e mais, spesso prodotti in quantità superiori al fabbisogno, si può ricavare l’etanolo o alcool etilico, che può essere utilizzato come combustibile per i motori a scoppio, in sostituzione della benzina.
Dalle oleaginose (quali girasole, colza, soia) si può ottenere per spremitura il cosiddetto biodiesel.
Tramite opportuno procedimento è inoltre possibile trasformare le biomasse di qualsiasi natura in BTL (Biomass to liquid), un biodiesel, ottenuto appunto da materiale organico di scarto o prodotto appositamente con colture dedicate.
Lo sfruttamento di nessuna di queste fonti può comunque prescindere da valutazioni sull'EROEI complessivo, ossia sul rapporto tra energia ottenuta ed energia impiegata nella produzione
Il ritorno energetico sul suo stesso investimento, più comunemente noto come EROEI (o EROI), acronimo inglese di Energy Returned On Energy Invested (o Energy Return On Investment) ovvero
energia ricavata su energia consumata, è infatti un coefficiente che riferito a una data fonte di energia ne indica la sua convenienza in termini di resa energetica.
Esistono diversi tipi di BTL :
il bioetanolo, il biodiesel, il biometanolo, il biodimetiletere, gli idrocarburi sintetici, il bioidrogeno, gli olii vegetali.
In un paese come l’Italia, in cui il sole e il vento rappresentano una ricchezza inesauribile, costante, gratuita, e non inquinante, le ricerche verso la produzione di energia dovrebbero confluire in tale direzione, con incentivi per la produzione e la diffusione dei pannelli solari, l’incremento delle pale eoliche, a livello capillare sul territorio.

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Invece esistono, solo sporadicamente, alcune realtà isolate e il più delle volte frutto della tenacia di privati cittadini che ne hanno rincorso il progetto, spesso anche ostacolati dalle autorità “competenti”.
Il problema era, è, e rimarrà politico… dipendente com’è dalla strafottenza e dall’arroganza della classe dirigente politica, e dall’uso che i nostri amministratori fanno del potere che gli abbiamo dato.
Se costoro non verranno presi a calci nel didietro, se non impareranno che sono nostri dipendenti, che ricoprono le cariche ottenute solo perché devono fare i nostri interessi, se non capiranno che siamo stanchi di subire,e che stanno lasciandosi alle spalle i prodromi di un malcontento popolare diffuso a tutti i livelli della società…ebbene, faremo in modo che capiscano lo stesso…

Quando una corda si tira troppo, alla fine si rompe…

Io non voglio, come tanti che la pensano come me, che l’ambiente diventi una pattumiera, più di quello che è già, oppure un mero strumento di speculazione politica ed economica, e voglio….ripeto voglio, fortissimamente combattere contro chiunque cerchi invece di continuare questo stillicidio di delitti ambientali.

Il sindaco continua a bearsi del progetto scuola ecologica di Cà de Fabbri, che vedrà la luce tra due anni, se tutto va bene, mentre il presente, e la realtà che ci circonda adesso, in questo momento, è caratterizzato da una discarica a Baricella che vuole aumentare la cubatura… da una mancanza di raccolta dei rifiuti differenziata seria… da una totale mancanza di pannelli solari nelle strutture pubbliche… dall’assenza di una politica socio-culturale ecologica anche nelle strutture scolastiche… dall’arroganza dimostrata nell’attuazione del “rifacimento” del salotto buono (una mano di vernice bianca, e la posa di nuovi lampioni, con lampadine fuori legge)… il disinteresse totale sulla mancanza di marciapiedi in alcune zone del paese, e degli alberi che potrebbero trovarvi la sede appropriata…. il degrado imperante nel Parco Due Agosto, ridotto a una lattrina, sporca e pericolosa per le condizioni degli alberi in stato di abbandono.

La lista sarebbe ancora lunga, ma questo non scompone minimamente la flemma del primo cittadino, che invece di porsi con umiltà al servizio della collettività si gloria in continuazione e si incensa da solo, grazie anche alla compiacenza di Prometeo, il brogliaccio che rappresenta l’emanazione del suo alter ego.
Non ho detto queste cose in occasione della presentazione del libro del Dr. Armaroli per non metterlo in imbarazzo, sicuro che, comunque, i cittadini di Minerbio sapranno come comportarsi in occasione delle prossime elezioni.

E.B.

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