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Le sagre PD a Minerbio rappresentano delle periodiche proposizioni culinarie che danno appuntamento a schiere di voraci interlocutori, dotati di una indubbia e ridondante prosopopea di intento gastronomico-culturale, nonché politico.
Il dictat ricorrentemente proposto è quello tradizionale, impostato su stereotipi collaudati in precedenza mediante la messa in opera di centinaia di “feste dell’Unità” e foriero di propaganda intrinseca, assimilabile su basi eno-gastronomiche e culinarie.
Ebbene sì, oltre che rilevante fonte di introito supplementare, così come il “business” delle primarie, in cui ad ogni votante viene richiesto un contributo economico, anche le sagre sono entrate prepotentemente, già da tempo, nell’olimpo degli escamotage per ampliare orizzonti caratterizzati da interessi peculiari appetibili ed auspicati.
Il dictat ricorrentemente proposto è quello tradizionale, impostato su stereotipi collaudati in precedenza mediante la messa in opera di centinaia di “feste dell’Unità” e foriero di propaganda intrinseca, assimilabile su basi eno-gastronomiche e culinarie.
Ebbene sì, oltre che rilevante fonte di introito supplementare, così come il “business” delle primarie, in cui ad ogni votante viene richiesto un contributo economico, anche le sagre sono entrate prepotentemente, già da tempo, nell’olimpo degli escamotage per ampliare orizzonti caratterizzati da interessi peculiari appetibili ed auspicati.
La prerogativa fondamentale è evidentemente basata sull’approccio che il Partito politico adotta nell’erigere come simbolico baluardo a difesa dei lavoratori e delle classi più deboli, e verso coloro che sono suscettibili di ulteriore condizionamento, qualora ce ne fosse bisogno tra la popolazione, una sorta di simbiosi, propagandata come la panacea di una instabilità sociale, un ricercato afflato tra la classe politica e il substrato popolare, quasi come se si volesse unire in un unico abbraccio i lavoratori e i loro paladini.
In realtà assistiamo ad una messa in scena, ad una rappresentazione condotta da teatranti abili e non privi di esperienza, che esula dall’idea di un fraterno abbraccio tra il proletariato e chi, a parole, ne interpreta le vicissitudini.
Non mi risulta, infatti, che siano mai stati evidenziati dai detentori del folclore politico minerbiese appartenenti al contesto territoriale locale, i nefasti risultati della crisi imperante, né per discuterne in assemblee pubbliche con i cittadini, né per offrire un anche minimo supporto economico, o almeno proporre una serie di iniziative costruttive che passassero attraverso la struttura politica delle sale PD.
L’importante e imperativo appuntamento quindi, non risulta essere quello che rivolge la propria attenzione alle famiglie a basso reddito, ai disagiati sociali, a coloro che devono giocoforza rivolgersi alla Caritas per sopravvivere, ma prosegue il suo percorso di frivola e interessata parodia del sangiovese, del compagnone gioviale e della sagra, indirizzando platealmente un messaggio di rassicurante bonomia a chi, fortunato sopravvissuto alla recessione, può permettersi di pagare in vile, ma sonante moneta.
Alla larga i poveri, gli emarginati, i disadattati e gli sfortunati compagni che sono in cassa integrazione !
Per loro non ci sono sagre, né delle rane, né del pesce, che sono invece riservate a schiere di intellettualoidi provenienti anche da Bologna, quasi sempre cresciuti e pasciuti all’ombra di un sempre presente Marx e di una camaleontica schiera di metamorfismi riferibili ad una bandiera su cui troneggiano una falce ed un martello mai dimenticati.
Si inneggia al “sociale”, all’”accoglienza”, alla “solidarietà”, certo, ma i ranocchi non si toccano, in quanto appannaggio esclusivo di un pubblico pagante, alla faccia dei disoccupati.
Il danno di queste sagre nelle sale PD è enorme anche sotto un altro aspetto, che incide in maniera negativamente pesante sull’economia locale.
In particolare è una vera e propria spina nel fianco del settore legato alla ristorazione, per il fatto che si appropria indebitamente di una fetta (ingordamente fagocitata) di avventori e clienti, sottraendoli alle realtà locali.
Una vera e propria concorrenza sleale, in quanto appoggiata e spinta da coloro che manipolano politicamente gli interessi in gioco, e che si disinteressano dei lavoratori del settore, anche se parte intrinseca del proletariato, e che, inoltre persegue finalità chiaramente tese a sopravanzare chiunque sia di parte politica avversa.
Non importa se siamo in periodo di crisi, e se ristoranti e trattorie faticano a trattenere una clientela sempre più restia, giocoforza, a divagazioni gastronomiche.
Non importa se il territorio, così facendo diventa strumento di manipolazione ideologica, falsato nei contenuti in quanto strumentalizzato a fini politici.
Non importa se la sala PD acquisisce fama e notorietà mentre i lavoratori della ristorazione locale rischiano lo spettro della perdita del posto di lavoro.
Non importa.
L’importante e imperativo appuntamento quindi, non risulta essere quello che rivolge la propria attenzione alle famiglie a basso reddito, ai disagiati sociali, a coloro che devono giocoforza rivolgersi alla Caritas per sopravvivere, ma prosegue il suo percorso di frivola e interessata parodia del sangiovese, del compagnone gioviale e della sagra, indirizzando platealmente un messaggio di rassicurante bonomia a chi, fortunato sopravvissuto alla recessione, può permettersi di pagare in vile, ma sonante moneta.
Alla larga i poveri, gli emarginati, i disadattati e gli sfortunati compagni che sono in cassa integrazione !
Per loro non ci sono sagre, né delle rane, né del pesce, che sono invece riservate a schiere di intellettualoidi provenienti anche da Bologna, quasi sempre cresciuti e pasciuti all’ombra di un sempre presente Marx e di una camaleontica schiera di metamorfismi riferibili ad una bandiera su cui troneggiano una falce ed un martello mai dimenticati.
Si inneggia al “sociale”, all’”accoglienza”, alla “solidarietà”, certo, ma i ranocchi non si toccano, in quanto appannaggio esclusivo di un pubblico pagante, alla faccia dei disoccupati.
Il danno di queste sagre nelle sale PD è enorme anche sotto un altro aspetto, che incide in maniera negativamente pesante sull’economia locale.
In particolare è una vera e propria spina nel fianco del settore legato alla ristorazione, per il fatto che si appropria indebitamente di una fetta (ingordamente fagocitata) di avventori e clienti, sottraendoli alle realtà locali.
Una vera e propria concorrenza sleale, in quanto appoggiata e spinta da coloro che manipolano politicamente gli interessi in gioco, e che si disinteressano dei lavoratori del settore, anche se parte intrinseca del proletariato, e che, inoltre persegue finalità chiaramente tese a sopravanzare chiunque sia di parte politica avversa.
Non importa se siamo in periodo di crisi, e se ristoranti e trattorie faticano a trattenere una clientela sempre più restia, giocoforza, a divagazioni gastronomiche.
Non importa se il territorio, così facendo diventa strumento di manipolazione ideologica, falsato nei contenuti in quanto strumentalizzato a fini politici.
Non importa se la sala PD acquisisce fama e notorietà mentre i lavoratori della ristorazione locale rischiano lo spettro della perdita del posto di lavoro.
Non importa.
Del resto, la storia ci ha già insegnato a dubitare e a stare in guardia verso chi, da sempre, prosegue un itinerario che trae le sue origini in uno stalinismo leninismo interpretato prima da Togliatti, e da Berlinguer poi.
La continuità ideologica è palese, mai rinnegata, e riconduce a misfatti e nefandezze tipiche dell’universo comunista.
Queste affermazioni non sono frutto di condizionamenti politici, o di ragionamenti faziosi, bensì frutto di analisi storico politiche oramai universalizzate.
Nonostante ciò, oggi, a Minerbio vanno ancora in scena rappresentazioni di questo tipo, nella complice e ingannevole aura di silenzio che i nostri amministratori hanno steso su realtà come questa.
Mi auguro che si prenda coscienza di ciò, e che i ranocchi a Minerbio, così come a Bologna, e in tutte le “feste del proletariato” siano offerti gratis, almeno una volta, simbolicamente, tendendo la mano ai meno fortunati.
So che ciò non rientra nei programmi economici della sinistra, indaffarata in una ciclopica impresa di accaparramento di cariche pubbliche, di collusioni, di ingerenze economiche, e quant’altro possa loro permettere di mantenere il personale entourage di privilegi, e quindi rivolgo un invito a quanti leggono questo post :
DISERTATE LE SALE PD, SOPRATTUTTO IN OCCASIONE DELLE SAGRE.
DONATE L’EQUIVALENTE CHE AVRESTE SPESO A CHI SI OCCUPA DI SOSTENERE LE FAMIGLIE CHE HANNO PERSO IL LAVORO.
LASCIATEVI ALLE SPALLE L’EGOISMO E IL DISINTERESSE, AIUTANDO CHI NE HA BISOGNO.
La continuità ideologica è palese, mai rinnegata, e riconduce a misfatti e nefandezze tipiche dell’universo comunista.
Queste affermazioni non sono frutto di condizionamenti politici, o di ragionamenti faziosi, bensì frutto di analisi storico politiche oramai universalizzate.
Nonostante ciò, oggi, a Minerbio vanno ancora in scena rappresentazioni di questo tipo, nella complice e ingannevole aura di silenzio che i nostri amministratori hanno steso su realtà come questa.
Mi auguro che si prenda coscienza di ciò, e che i ranocchi a Minerbio, così come a Bologna, e in tutte le “feste del proletariato” siano offerti gratis, almeno una volta, simbolicamente, tendendo la mano ai meno fortunati.
So che ciò non rientra nei programmi economici della sinistra, indaffarata in una ciclopica impresa di accaparramento di cariche pubbliche, di collusioni, di ingerenze economiche, e quant’altro possa loro permettere di mantenere il personale entourage di privilegi, e quindi rivolgo un invito a quanti leggono questo post :
DISERTATE LE SALE PD, SOPRATTUTTO IN OCCASIONE DELLE SAGRE.
DONATE L’EQUIVALENTE CHE AVRESTE SPESO A CHI SI OCCUPA DI SOSTENERE LE FAMIGLIE CHE HANNO PERSO IL LAVORO.
LASCIATEVI ALLE SPALLE L’EGOISMO E IL DISINTERESSE, AIUTANDO CHI NE HA BISOGNO.
IL PD, VI ASSICURO, INSIEME ALLA SUA SERIE INFINITA DI SALE, NON NE HA PROPRIO BISOGNO.
Dissenso
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