Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo
categorico al quale non ci si può sottrarre“.
Anche chi non ha letto “La rabbia e l’orgoglio” conosce queste parole di
Oriana Fallaci.
Non si tratta di un aforisma da appendere in camera o
condividere su facebook, ma di una richiesta esplicita da non
disattendere.
Oriana Fallaci dopo l’11 settembre 2001 non ha potuto tacere e ha deciso di aprire gli occhi sul pericolo del terrorismo islamico e soprattutto sulla decadenza della civiltà occidentale, in primis europea. Parlare era diventato un obbligo.
L’articolo pubblicato sul Corriere della Sera pochi giorni dopo l’orribile attentato alle “torri gemelle” e la successiva uscita del libro “La rabbia e l’orgoglio” rappresentano una delle rare scosse al torpore occidentale, scarsamente rappresentato e difeso dalla sua stessa élite intellettuale.
Oriana Fallaci non c’è più, ma i suoi appelli non sono stati vani. L’Italia, grazie a lei, s’è svegliata, se non altro l’opinione pubblica ha compreso che non è tempo di dormire sugli allori.
Ora sappiamo quando
“tacere diventa una colpa”.
E capiamo che questo è uno di quei momenti.
Non si può tacere di fronte ai missili lanciati quotidianamente da
Hamas, ai bambini usati come scudi e poi vigliaccamente
strumentalizzati, al pericolo del terrorismo islamico che minaccia
Israele e l’occidente.
Non si può neppure tacere di fronte alla pavidità
di Usa e Ue, che anziché sostenere apertamente Israele preferiscono
stigmatizzare le reazioni, invocare tregue, auspicare ritiri.
Non c’è
l’occidente a combattere contro Hamas e il terrorismo islamico, c’è
Israele da solo e a quanto pare contro l’occidente stesso.
Non si può tacere di fronte all’Onu che vota a favore dell’apertura di una commissione d’inchiesta nei confronti di eventuali crimini commessi da Israele nella striscia di Gaza, grazie ad una maggioranza formata perlopiù da Paesi che applicano la shari’a o disconoscono diritti civili e leggi internazionali.
Tutto questo mentre i social network di tutta
Europa danno ampio eco alle bugie propagandistiche, alle bufale e alle
menzogne dei filo-Hamas.
Troppi europei non si rendono conto che mentre nelle democrazie
occidentali si discute di libertà, democrazia, diritti civili, parità di
genere, nel Medio Oriente c’è chi combatte contro chi vorrebbe
cancellare tutto questo.
Piaccia o no, Tel Aviv è rimasta l’unico baluardo a difesa dei valori
occidentali. Ed è costretto a difenderli nonostante lo scetticismo di
chi identifica Israele con le lobby ebraiche, i banchieri, gli usurai, i
complotti pluto-giudaico-massonici, i protocolli dei savi di Sion.
L’élite odiata in nome di un distorto concetto di lotta di classe e
invidia sociale.
Possiamo dirlo forte e chiaro: l’antisemitismo/antisionismo non ci appartiene e non è mai appartenuto al popolo italiano.
Lo dice la
storia, pure del Ventennio, caratterizzato sì dalle leggi razziali ma
«in uno dei pochi paesi d’Europa dove ogni misura antisemita era
decisamente impopolare», per usare le parole dell’ebrea Hannah Arendt
sul suo libro “La banalità del male” (da leggere assolutamente, anche
per comprendere i rapporti tra Italia fascista ed ebrei).
Se il fascismo e Mussolini sono stati antisemiti, cosa peraltro tutta da dimostrare, gli italiani non lo sono mai stati neppure ai tempi del regime fascista.
Se il fascismo e Mussolini sono stati antisemiti, cosa peraltro tutta da dimostrare, gli italiani non lo sono mai stati neppure ai tempi del regime fascista.
Un’eccellenza tutta italiana, da preservare con
gelosia.
Sono parole che rivolgiamo anche a chi oggi si riconosce in Casapound, Forza Nuova e altre formazioni politiche identificate come “neofasciste”: l’antisemitismo/antisionismo non appartiene agli italiani veri né ai fascisti italiani.
Il nostro Piero Torri qualche giorno fa scriveva: “Va bene che gli ebrei sono brutti e cattivi, d’altronde hanno ucciso Gesù ed è dai tempi di Erode che hanno dei problemi con gli infanti, però, se proprio si deve fare il tifo per qualcuno in questi tempi in cui l’offensiva islamista dilaga dalla Siria all’Iraq, dalla Nigeria al Kenya, ci si faccia una domanda: preferireste che i vostri figli, e in particolare le vostre figlie, vivessero in uno stato controllato da Hamas o da un governo israeliano?“.
Parole che rappresentano la nostra stella polare e lo stimolo per
l’iniziativa promossa dal giornale.
Non è più tempo di tacere.
Non è più tempo di
aver paura di perdere lettori o incrinare la comunità che vogliamo
rappresentare, quella dell’elettorato di centro-destra.
Non è più tempo
di adeguarci ai deliri complottisti e anti-ebraici che rappresentano una
tentazione nell’area.
E’ tempo di sostenere Israele
incondizionatamente.
Ecco perché i selfie di “I stand with Israel”,
un’iniziativa nata spontaneamente su facebook.
Ci fa piacere che in tanti abbiano aderito, nonostante l’idea non sia stata resa pubblica.
Ci fa piacere che in tanti abbiano aderito, nonostante l’idea non sia stata resa pubblica.
Oltre ai lettori di QQ-Quotidiano Qelsi, hanno
partecipato ai selfie utenti di pagine facebook caratterizzate da un
orientamente diverso rispetto al nostro.
L’album è in movimento e nei
prossimi giorni altri potranno unirsi alla nostra campagna di
solidarietà.
Anche in Italia c’è chi comprende le ragioni d’Israele.
Anche in Italia c’è chi comprende le ragioni d’Israele.
E’ un bene. Together we win.
Fonte: LINK
Sono pienamente d'accordo. A tale proposito, scrissi alcuni post, di cui segnalo il Link :
RispondiEliminahttp://www.italian-samizdat.com/2009/08/proposito-di-palestinesi-e-israeliani.htm
http://www.italian-samizdat.com/2009/08/lodio-per-israele-corre-in-internet.htm
http://www.italian-samizdat.com/2009/12/palestinesi-e-terrorismo.html
...la disinformazione della sinistra naturalmente opera in maniera che queste informazioni siano ben nascoste e celate...
Dissenso