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lunedì 30 marzo 2015

LA CORALE PIETRO NERI BARALDI

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Pietro Neri-Baraldi (1826 - 29 Giugno 1902 ) fu  un  famoso cantante d'opera italiano di origini minerbiesi, dove nacque il 1° febbraio del 1826 da famiglia contadina.
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Pietro Neri Baraldi
Come tenore cantò in tutta Europa interpretando ruoli principali, fin dal suo debutto al Teatro Comunale di Bologna nel 1850 .
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Dal 1853 fu impegnato come primo tenore al Teatro del Corso (il Teatro fu poi distrutto dai bombardieri americani il 29 gennaio 1944), dove si esibì nelle sue prime apparizioni bolognesi, cantando e interpretando i personaggi di “Manrico” (nel Trovatore) , del “Duca di Mantova” (nel Rigoletto), e di “Ubaldo” (in Elena da Feltre).
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Pietro Baraldi fu poi protagonista a Parigi, nella stagione teatrale 1854/1855,  sia  al Théâtre-Italien che all'Opéra di Parigi.
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Cantò poi in una vasta gamma di ruoli a Londra dal 1856 al 1868, prima al Lyceum Theatre e poi alla Royal Opera House.
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Teatro del Corso bombardato
In alcune performances interpretò il ruolo di “Gennaro”, come primo tenore, durante il melodramma “Lucrezia Borgia” (da Victor Hugo) al Regio Teatro San Carlos di Lisbona, nel dicembre del 1860.
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Ugualmente si distinse nel ruolo del “Visconte Sirval”, sempre come tenore, nel melodramma “Linda di Chamounix” ( di Gaetano Donizetti) al Teatro regio di Torino nel gennaio del 1867.
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Antonietta Fricci
Nel 1863 Pietro Neri Baraldi sposò il soprano di origine austriaca Antonietta Fricci (1840-1912) con la quale condivise spesso le apparizioni sul palcoscenico.
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Nei suoi ultimi anni si dedicò all’insegnamento del canto, e tra i suoi migliori allievi spiccò per eccellenza il soprano sudafricano, Ada Forrest (Cherry Kearton).
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Pietro Baraldi morì a Bologna il 29 giugno 1902, all’età di 76 anni.
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Successivamente, nei primi mesi del 1920 nacque a Minerbio la Corale Pietro Neri Baraldi, così chiamata in onore e in ricordo del grande tenore .
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Il fondatore  del primo stadio  embrionale della Corale fu  il giovane seminarista  Corrado Bortolini,  anch’egli  minerbiese, di cui trovate notizie su un nostro precedente post, all’indirizzo :
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Dopo aver radunato un gruppo di persone amanti del bel canto a Minerbio, Corrado costituì infatti un piccolo coro, che gradatamente , forte dell’entusiasmo generale dei concittadini, si costituì appunto come "Corale Pietro Baraldi".
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Troviamo tracce di Don Corrado anche in una delle tabelle del percorso didattico  realizzato dall’Associazione Amici di Minerbio.
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Nella tabella 11 di tale percorso, infatti, si fa riferimento  alla corale “Pietro Neri Baraldi”, fondata proprio da Don Corrado ed è presente anche una fotografia del 1924, nel giorno della festa dell’Assunta, il 15 agosto,  in cui sono ritratti i membri della Corale, sullo sfondo del muro e del cancello che limitavano via Larga Castello a Minerbio.
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In precedenza, durante il 1° decennio del 1900, in paese, esistevano alcuni raggruppamenti di persone che nel tempo  libero  si  dedicavano   ad   esprimere  il   loro amore    per   la musica, esibendosi in due formazioni musicali denominate “Bénde d’in zò” (detta anche “Bènde di puvrètt”) e “Bénde d’in sò”.
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La prima, detta anche “del Canaletto” (dalla denominazione della strada) si era costituita attorno alla figura di un certo Scanabissi Fernando, un giovane musicista autodidatta, suonatore di tromba, mentre la seconda trasse le proprie origini dal gruppo dei “Settembrini”, a sua volta originato da una associazione patriottica minerbiese, denominata XX settembre.
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Entrambi i “gruppi” di paesani erano composti da gente semplice, genuina, come i “canapini”, i falegnami, o i contadini, perlopiù analfabeti e privi di una cultura musicale paragonabile a quella delle moderne “bande” musicali cittadine.
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I componenti suonavano “ad orecchio”, senza spartito, ed esprimevano la loro voglia di aggregazione e il loro desiderio di contrastare, con la musica, la miseria e la mancanza di benessere economico che a quell’epoca imperava nei paesi e nelle città italiane.
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Si narra che a volte Scanabissi, l’elemento di maggior spicco degli “insò” andasse di nascosto ad ascoltare le prove degli “inzò” (i “Settembrini”) e poi, furbescamente, preparasse con i suoi l’esecuzione delle musiche appena acoltate, per suonarle inaspettatamente in piazza prima dell’altro gruppo, lasciandoli con un “palmo di naso”.
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Queste parodie scherzose animavano una Minerbio, in cui comunque era sempre presente, in ogni locale pubblico, o bettola, o bar, o trattoria, qualcuno che suonava il mandolino oppure l’ocarina, così come la fisarmonica, caratterizzando il paese con  il suo clima musicale e festoso.
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Dopo l’ultima guerra, e precisamente il 1° marzo 1945, il fondatore della corale Pietro Baraldi, Don Bortolini, che nel frattempo era divenuto parroco a S.Maria Induno (Bentivoglio), fu prelevato nella sua Parrocchia da due partigiani comunisti armati, dopo le 20, e portato via.
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Il clima di guerra civile e fratricida che ha insanguinato le città e i paesi italiani dopo la fine del conflitto mondiale, è stato piuttosto intenso nelle nostre zone, e le vittime hanno spesso pagato con la vita il loro tributo alla sete di sangue e di vendetta che ha spesso animato le intenzioni di parte dei vincitori.
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Della sorte del Parroco Don Bortolini non si seppe più nulla, tranne quanto risulta dalle parole del suo successore, Don Silvano Stanzani, il quale affermò di aver scoperto che i partigiani si abbandonarono ad episodi di tortura e di efferatezze.
Addirittura “una donna che comandava un manipolo di assassini comunisti, partigiani, lo evirò personalmente e poi lo fece legare ad un camioncino, al fine di trascinarlo per circa un chilometro, per impiccarlo poi al ramo di un albero”.
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Gli sopravvisse la “Corale Pietro Baraldi”, ma solo fino al 1947,  poi si sciolse silenziosamente.
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Durante il suo percorso la corale partecipò al Concorso Internazionale di Venezia nel luglio 1924, organizzò rappresentazioni come operette e concerti fino al 1925, concorse a Roma tra le corali associate all’Ente Nazionale “Dopo Lavoro” classificandosi al quarto posto, e organizzò veglioni di carnevale e cori natalizi negli anni ’30.
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La musica è sempre stata presente a Minerbio, fino ad oggi, come filo conduttore di ricerca istintiva e spontanea dell’espressione musicale in quanto tale, simbiotica di un amore tra le persone, tra il musicista di strada e l’ascoltatore occasionale, che nasce dal desiderio di esprimere una assonanza di intenti quale può essere la ricerca del benessere interiore, della fratellanza.
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Nacquero le fanfare, il “Concerto ocarinistico”, la “Società del Clinto”, le serenate e i “Maggi”, i gruppi musicali, i complessini, e il Corpo Bandistico.
Minerbio ha purtroppo perso per sempre gli “insò” e gli “inzò”, gli Scanabissi, e i canapini o i contadini che animavano il paese con la loro musica, ma  nonostante ciò rimane la loro memoria, il loro spirito vitale, la loro spinta iniziale verso il futuro, ripresa e continuata da coloro che ne riproposero gli intenti.
Il paese a quei tempi era sopraffatto da una povertà materiale dilagante, ma esisteva in contrapposizione una forma di ricchezza esclusivamente intangibile, ma altrettanto significativa, da cui possiamo trarre una preziosa lezione esistenziale.
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Si tratta di quell’espressione di vita rappresentata e composta dallo spirito e dall’anima stessa di tutti coloro che, come i musicisti, esprimevano anche inconsciamente l’affermazione di valori universali legati alla musica e alla voglia di vivere.
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Ecco perché diventa molto importante, addirittura prioritario, a nostro avviso, ricercare nella conoscenza del passato quegli elementi di vita da cui proveniamo, conservandone la memoria e riconoscendo loro un giusto tributo di riconoscenza e di affetto.
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Le fanfare, gli “insò” e gli “inzò”, così come la corale Pietro Baraldi, devono essere ricordate e considerate come un valore aggiunto lungo il percorso di una civiltà verso cui siamo tutti proiettati, ma a cui non si può tendere senza prescindere dagli insegnamenti e dagli esempi di vita trascorsi.
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N.d.A.
Alcune delle informazioni che hanno permesso la realizzazione di questo post sono state desunte dalla lettura del libro di Cesare Fantazzini e Oscar Mischiati :
"Tradizioni musicali minerbiesi II vol."
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Un grazie agli autori di questo libro, esauriente e molto interessante, di cui consiglio la lettura.
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E.B.
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domenica 29 marzo 2015

ATTENTI ALLA PROCESSIONARIA

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La stagione primaverile ci porta, oltre al suo carico di straordinari colori e profumi, anche alcuni pericoli che vanno tenuti nella debita considerazione.
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Uno di questi è rappresentato dalla comparsa della “Processionaria del Pino” e dalla “Processionaria della Quercia”
Si tratta in entrambi i casi di un piccolo bruco, nato dalla deposizione delle uova di una farfalla, che proprio in questo periodo si schiudono.
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Le larve appena nate si incamminano in “fila indiana”, insieme, unendosi in lunghe file, da cui trae origine il loro stesso nome : Processionaria.
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Ciò accade nei boschi, ma anche nei parchi pubblici e nei giardini delle abitazioni in cui c’è la presenza di alberi.
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Le uova infatti vengono deposte dalle farfalle sui rami più assolati, quelli più esterni e lontani dal tronco, per poi, ai primi caldi, assorbire il calore del sole e dischiudersi.
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La processionaria del pino, il cui nome scientifico è “Thaumetopoea pityocampa (Denis & Schiffermuller)”, è un lepidottero appartenente alla famiglia Notodontidae, ed è un insetto purtroppo molto nocivo per le pinete, poiché sviluppa un’azione distruttiva del fogliame, attaccando soprattutto il Pinus nigra, il Pinus sylvestris, il Pinus pinea, il Pinus mugo, il Pinus pinaster, il Pinus strobus,  i cedri, il Picea abies, e il Larix decidua.
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La processionaria della quercia, il cui nome scientifico è “Thaumetopoea processionea (Linnaeus, 1758), è anch’esso un lepidottero della stessa famiglia di quella del pino, ma con la differenza che le sue larve si nutrono di foglie di quercia, soprattutto di Quercus robur e Quercus peduncolata.
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Occasionalmente può colpire anche faggi, noccioli, castagni, carpini, betulle e cedri.
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Nel loro percorso le larve, della misura di circa 3-4 cm., si nutrono del fogliame delle piante che incontrano lungo la loro lenta ma costante processione, spogliando completamente gli alberi.
La farfalla
Le processionarie risultano quindi essere molto distruttive per l’azione parassitaria che svolgono, e molto pericolose per la sopravvivenza delle varie specie arboree.
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Questa però non è l’unica prerogativa per cui la larva è da considerare dannosa, ma anche per il fatto che i suoi peli possono causare irritazioni epidermiche.
I peli urticanti sono simili a piccoli arpioni provvisti di punte laterali dirette verso l‘apice, e la loro pericolosità si compone del risultato di una duplice azione, una fisica e una chimica.
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La loro particolare conformazione permette ai peli urticanti non solo di ancorarsi alla cute dell’uomo, o agli occhi, oppure ai polmoni se inalati, ma anche di penetrare in profondità e di permanervi per lungo tempo.
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Possibili conseguenze in caso di contatto con i peli urticanti di larve di processionarie.
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L’azione chimica consiste nel liberare una particolare proteina solubile a seguito della rottura del pelo.
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Gli effetti sulla pelle, dopo il contatto con i peli urticanti sono immediati e si manifestano con la presenza di un eritema papuloso fortemente pruriginoso.
In caso di contatto con gli occhi si sviluppa una rapida congiuntivite (con rossore e dolore agli occhi), mentre se il pelo del bruco penetra in profondità nel bulbo oculare si verificano gravi reazioni infiammatorie che possono progredire fino alla cecità.
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Nel caso di peli profondamente infissi e integrati nel tessuto oculare, questi dovranno essere rimossi chirurgicamente.
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L’inalazione provoca invece starnuti, mal di gola, difficoltà nella deglutizione e difficoltà respiratoria come nel caso di un broncospasmo simile a quello dell’asma (restringimento delle vie respiratorie).
processionaria del pino
In caso di ingestione dei peli urticanti si ha l’infiammazione delle mucose della bocca e dell’intestino, accompagnata da sintomi come : salivazione, vomito, e dolore addominale.
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I consigli generici (è sempre meglio rivolgersi ad un medico) suggeriscono di non grattare mai la parte irritata, e di mettersi sotto una doccia calda.
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Non usare ammoniaca, ma usare (previa valutazione del medico) creme a base di cortisone.
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Il prurito permane comunque per 5 giorni o più, mentre le vescicole per due settimane circa.
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In caso di reazione allergica sarà necessario, previa prescrizione medica, l’assunzione di antistaminici per via orale.

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La processionaria risulta essere molto pericolosa anche per i nostri amici animali, come i cani e i cavalli, i quali brucando l’erba o annusando il terreno possono ingerire i peli urticanti dei piccoli bruchi .
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nido di processionaria
In questi casi i danni possono essere molto gravi.
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Il contatto della lingua del cane, ad esempio, con i peli urticanti, provoca la distruzione del tessuto cellulare, e il danno può essere talmente serio da innescare un processo di necrosi tale da compromettere porzioni di lingua.
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L’animale perde vivacità e presenta sintomi come : febbre, rifiuto del cibo, vomito e diarrea, anche emorragica.
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Il rimedio di primo intervento, prima di ricorrere al veterinario, è quello di lavare abbondantemente la bocca dell’animale con una soluzione di acqua e bicarbonato, magari con l’ausilio di una siringa senza ago con la quale spruzzarvi ripetute volte la soluzione di lavaggio.
I parchi pubblici cittadini non sono esenti dalla presenza della processionaria, per cui è bene che le persone conoscano  quanto descritto sopra, al fine di  poter ugualmente approfittare e disporre della bellezza che la natura ci offre nel periodo primaverile, con i suoi colori e i suoi profumi, ma evitando al contempo di fare incontri spiacevoli.
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Esistono precise disposizioni di Legge sulla lotta obbligatoria contro la Processonaria del Pino (Traumatocampa pythiocampa) - D.M. 17 Aprile 1998 che impongono di porre la dovuta attenzione, anche istituzionale, a questo problema.
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B.E.
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