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sabato 30 maggio 2015

BANDIERE ROSSO SANGUE

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Il comunismo e le bandiere rosse che lo rappresentano, insieme ai simboli della falce e martello, costituiscono insieme un ossimoro, un paradosso impregnato nella sua stessa essenza di falsità e menzogna.
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La falce indica il mondo contadino, mentre il martello simboleggia la classe operaia, mentre la bandiera rossa ingloba questi due mondi accostandoli al comunismo.
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Nei primi anni del ‘900 le città russe, e l’intero universo sovietico, hanno potuto sperimentare direttamente questo infausto connubio e questa pseudo simbiosi, il cui risultato è stato la morte di milioni di persone a causa proprio del comunismo.
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La N.E.P. (Nuova Politica Economica) che fu instaurata da Stalin per risollevare le sorti economiche di una Russa disastrata e barcollante, premette con forza proprio sulle due classi, quella operaia e quella contadina, che pagarono un prezzo altissimo in termini di vite umane.
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Nelle fabbriche si impose una “norma” di produzione, al di sotto della quale gli operai rischiavano la deportazione nei gulag sovietici, per “sabotaggio”, e si impose loro una sorta di passaporto interno, che non permetteva di spostarsi da un luogo ad un altro, nemmeno all’interno della Russia stessa.
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La rivoluzione bolscevica non produsse alcuna “dittatura del proletariato” nella sua transizione verso una società senza classi, ma anzi si rivelò una vera e propria oppressione dittatoriale del potere comunista sul popolo stesso.
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Tutti i partiti furono dichiarati “fuori legge” e per meglio fagocitare le masse verso la direzione voluta dai comunisti al potere, fu istituita la pena di morte.
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Agli operai fu vietato lo sciopero e fu attuata la militarizzazione del lavoro, con l’istituzione di turni di lavoro forzato e mediante la soppressione della libertà d’opinione.
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Nei Paesi occidentali ed Europei questa realtà è sempre stata nascosta accuratamente, soprattutto al mondo operaio e produttivo, che ignaro manifestava le proprie rivendicazioni sindacali inneggiando alla falce e martello e alle bandiere rosse.
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Il sangue di cui però queste bandiere era intriso, fa parte di una realtà tragica che oramai gli Storici e gli studiosi di quel periodo ci hanno consegnato, dopo l’analisi degli incartamenti dell’epoca successivamente all’apertura degli archivi segreti sovietici.
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La penosa realtà storica ci ha trasmesso anche i dati di una immane tragedia che ha coinvolto milioni di contadini della Russia comunista, sacrificati in nome dell’arroganza con cui il regime ha stravolto l’esistenza di intere masse popolari.
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Il termine “holodomor” è pressochè sconosciuto  nei salotti europei frequentati dagli intellettualoidi della sinistra, o almeno viene da costoro tenuto segregato in un limbo di segretezza che impedisce alle persone di capirne il tragico significato.
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Questo termine, in lingua ucraina, significa tradotto :
Vittime della carestia in Ucraina

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 “infliggere la morte attraverso la fame”.
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Si tratta della più grande carestia indotta scientemente nella storia dell’umanità, che portò alla disperazione e alla morte ben 5 milioni di persone, in maggior parte contadini.
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Il contadino divenne infatti, negli anni ’30 della Russia comunista,  un vero e proprio nemico per il regime, in quanto l’agricoltore rappresentava lo stereotipo del proprietario terriero e del ricco allevatore (anche nel caso possedesse tre sole mucche).
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Gli appartenenti all’intero apparato agricolo russo furono quindi identificati ed etichettati con il termine dispregiativo di “kulaki”, ed entrarono a far parte delle misure coercitive approntate per loro dal regime comunista.
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Il Partito colpì in maniera particolarmente feroce in Ucraina, considerata il “granaio” della Russia.
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In questo vasto territorio (la cui superficie è doppia di quella italiana), iniziò una metodica collettivizzazione delle proprietà agricole, mediante un esproprio che sanciva la fine della proprietà privata.
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A macchia d’olio vennero espropriati i territori dei famigerati  “kulaki”, per affidarli a masse di lavoratori dell’industria, prelevati dalle città e inviati forzatamente dal regime in Ucraina, al fine di sostituire i contadini in una conduzione agricola collettiva.
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I contadini vennero deportati nei gulag, a milioni, e pagarono un altissimo tributo di sangue, sacrificati come furono dal regime sovietico in nome del comunismo.
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Il regime iniziò a requisire i raccolti di grano, per destinarli all’acquisto di materiali utili all’Industria e necessari per il proseguimento della N.E.P.
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La tragicità sta nel fatto che fu requisito dai comunisti anche il grano destinato alla risemina, indispensabile per potersi garantire  il raccolto l’anno successivo.
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In questo modo la criminale politica del regime impedì che ci fosse alcun raccolto, consegnando così milioni di persone ad una devastante carestia che produsse, appunto, milioni di morte per fame.
L’anno seguente in tutto il vasto territorio ucraino non ci fu più nulla da mangiare, a causa delle requisizioni del regime, comprese quelle degli animali delle fattorie dei “kulaki”.
Le persone in preda ai morsi della fame si lasciarono andare a fenomeni di cannibalismo, mentre le famiglie si scambiavano i figli, diventati merce alimentare di scambio, in un orrore senza fine.
La classe operaia e quella contadina dunque costituiscono le prime due realtà sociali contro cui si scatenò l’odio distruttivo e dilaniante di un comunismo affamato di potere e di sangue, ma l’immagine che fu trasmessa nel mondo occidentale fu molto diversa.
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Durante le manifestazioni di piazza nelle città della civile Europa, infatti, anche oggi, si è sempre identificata la simbologia relativa alle bandiere rosse come uno stereotipo di libertà e di equità sociale e non di orrore e di sangue.
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L’ignoranza e l’accuratezza con cui l’intellighenzia sinistroide ha occultato la verità nei Paesi occidentali, ha permesso che intere generazioni si rendessero complici dei misfatti perpetrati dai comunisti, avallandone con lo sventolio delle bandiere rosse i feroci misfatti.
Da anni sfido i comunisti che leggono i miei post a indicare un solo Paese al mondo in cui il comunismo non sia al potere grazie alla dittatura, o in cui libere elezioni appunto ne abbiano legittimato l’ascesa al potere.
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Li sfido a contestare la realtà contestuale, relativamente al fatto che si scappa e si è scappati per anni dai Paesi comunisti verso l’Occidente, e non il contrario.
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Gli unici comunisti scappati dalla propria Nazione per rifugiarsi nel “Paradiso Marxista” furono quelli italiani nel periodo fascista, esuli in terra di Russia per aver commesso crimini come l’omicidio o la strage nei confronti degli avversari politici.
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Anche in questo caso però, in cui qualcuno è scappato verso il Comunismo e non dal Comunismo, le cose andarono nel solito modo : anch’essi divennero vittime designate della tirannide marxista.
Molti comunisti italiani trovarono infatti la morte nei gulag staliniani, grazie anche alla complicità dei dirigenti dell’allora P.C.I., guidato dal criminale comunista Palmiro Togliatti.
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Le masse operaie europee, intanto continuavano a cantare “bandiera rossa” durante le manifestazioni popolari, e a vivere una illusione falsa ed effimera, destinata solo ad alimentare un falso mito : quello comunista.
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Si verificò infatti una vera e propria proliferazione dell’iconografia pubblicitaria legata a questi falsi miti e nacquero, ad esempio, le t-shirt con l’immagine di Che Guevara, indossate da generazioni di giovani ignoranti (nel senso che forse ignoravano i misfatti dei regimi comunisti).
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Le bandiere rosse con la falce e martello purtroppo non hanno mai smesso di sventolare, nonostante il fatto che oramai la Storia abbia tratto obiettivamente le sue conclusioni.

Il comunismo è stato ed è un male assoluto, come il nazismo.
Allora mi chiedo : 
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come mai nelle nostre città esistono vie intitolate a Lenin e a Stalin ?
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Tanto varrebbe intitolarne alcune anche a Hitler ; il principio di assegnazione non sarebbe forse il medesimo ?
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Cosa privilegia Lenin o Stalin rispetto al dittatore nazista ?
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Chi oserebbe negare che questi due criminali hanno prodotto consapevolmente e criminalmente milioni di morti innocenti ?
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L’unica spiegazione è che forse nei posti di potere che prendono queste decisioni ci siano proprio coloro che hanno sventolato per anni  le bandiere rosse…
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Quando dovrà ancora proseguire questo ennesimo oltraggio alle vittime del comunismo ?
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Dissenso
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domenica 17 maggio 2015

I VORACI PESCECANI DELLA POLITICA

Per interi decenni le comunità nazionali hanno cercato di migliorare i parametri e gli standard di riferimento del benessere sociale, per cercare di elevare la qualità di vita delle persone, per ottimizzare le risorse e deviarle verso un fine che ci consentisse di definirci società civile, e per consolidare una serie di traguardi raggiunti da lasciare ai nostri figli e nipoti.
Tutto ciò oggi è finito, fagocitato dalla voracità di politici che si sono occupati e continuano ad occuparsi di priorità che nulla hanno a che fare con la crescita “sociale”.
Il lungo percorso in cui si è inerpicata capillarmente la ricerca del meglio, in ogni anfratto della nostra penisola, si è interrotto o è franato sotto la spinta distruttiva delle schiere di centinaia e centinaia di politici corrotti, collusi col malaffare, il cui solo interesse è stato ed è quello di riempirsi le tasche, senza peraltro provare la minima vergogna.
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La vorace quanto insaziabile ricerca dell’arraffo da parte di questi politici ha condotto il nostro Paese sull’orlo dell’abisso, da cui difficilmente riusciremo a salvarci.
Tutti i partiti politici, nessuno escluso, sono colpevoli di ciò e lo comprovano le migliaia di indagini intraprese dalla Magistratura, dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri, così come i numerosi arresti, le condanne, i processi, in un lungo e triste elenco in cui i vari Assessori, Deputati, Onorevoli, Sindaci, rappresentano tanti anelli di una medesima catena di delinquenza seriale.
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Ecco, di seguito, alcuni esempi di come queste voraci bestie affamate di denaro ci abbiano fatto arretrare di 100 anni nella scala dei benefici raggiunti con sacrificio, costanza, e con il sudore della fronte di milioni di lavoratori.
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Fino a qualche decennio fa gli Italiani potevano andare in pensione, con 35 anni di contributi o a 55 anni di età, per godersi il meritato riposo dopo una vita di lavoro.
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Il contratto tra il lavoratore e lo Stato prevedeva che versando i contributi mensili agli Enti preposti, durante tutto il percorso lavorativo, si potesse raggiungere questo risultato, apprezzabile e giusto, segno di un indice di civiltà sociale.
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Elsa Fornero,
l'affamatrice
 degli "esodati" 
Tutto ciò è finito, a tappe ravvicinate, durante la devastazione che hanno provocato le Leggi proposte prima da Berlusconi, poi da Prodi, e infine dalla “spallata” della Fornero.
Ora l’età in cui ci permettono di fruire della pensione è quella di 67 anni, e poco importa se si svolge l’attività di facchino o di minatore, o di infermiera, o di maestra elementare, in quanto la legge vale per tutti noi, ad eccezione della casta dei politici.
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Loro NO, loro sono esenti da questo schifo sociale, poiché possono beneficiare di vitalizi, maturati anche solo dopo un breve periodo di legislatura.
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Recentemente, dopo che il marcio diffuso della classe politica è diventato palesemente imbarazzante, il “furor di popolo” ha costretto la classe politica a decidere per l’abolizione di questi privilegi, ma solo per i nuovi arrivati, mantenendo invece i “diritti acquisiti” per tutti coloro che li hanno “maturati” fino ad oggi .
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Un altro esempio di distruzione sociale, di cui sono colpevoli quei politici che inspiegabilmente sono ancora oggi votati a piene mani dagli Italiani stessi, è quello che riguarda i famigerati “tagli” .
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In nome infatti di una formula ampiamente adottata nelle enfasi oratorie di questi politici, che recita : “L’Europa ce lo chiede ! ”, si taglia non sulla marea di benefici in cui si strafogano le orde dei politici italiani, ma sul popolo, e sulle conquiste di servizi che tanto faticosamente gli Italiani hanno raggiunto.
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Uno fra tutti : la Sanità.
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Dimissionario nel 2014, mantiene l'incarico di Dirigente Equitalia
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Sono stati tagliati il numero dei letti negli ospedali, e i ticket sui medicinali e sulle prestazioni mediche sono aumentati, mentre ora il Governo di Renzi (che piace tanto a parecchi elettori !) sta dando l’assalto all’arma bianca all’istituzione del Medico di famiglia.
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Il progetto governativo è quello di istituire delle grandi Case della Salute in punti strategici delle Città metropolitane, in cui verranno dislocati con turnazioni casuali gli attuali medici di famiglia.
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In pratica nascerà un ennesimo carrozzone ad uso e consumo dei professionisti della concussione, del malaffare, dell’arbitrio, e poco importa se il rapporto medico-paziente, fino ad oggi alla base del rapporto umano tra le famiglie e il “dottore”, scomparirà per sempre.
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In questi “carrozzoni” tutto sarà spersonalizzato, ma per chi potrà gestirne le prerogative, ci sarà la possibilità di accedere ad appalti, di colludere con organizzazioni mafiose, di gestire indisturbati milioni di euro….
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Non sto facendo fanta-politica, infatti è sufficiente ricordare i vari scandali del recente passato, come ad esempio quello del Sindaco PD Ravaioli di Rimini, indagato per falso ideologico, come sospettato di aver compilato ricette false, (coinvolto in altri procedimenti, è stato indagato anche per associazione a delinquere in merito alle indagini sul fallimento dell’aeroporto di Rimini), così come quello legato ad Ottaviano del Turco in Abruzzo (PD), arrestato per associazione a delinquere e truffa.
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La lista è molto lunga e non fa distinzione tra i partiti coinvolti nel malaffare, anzi coinvolge ogni rappresentanza della politica in un unico sistema basato sulla corruzione, sulla compiacenza e sull’arroganza di chi, inspiegabilmente è stato votato dagli italiani.
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Il PD è tra i partiti in cui il numero degli indagati è elevatissimo, ma schiere di pervicaci sostenitori degli ex comunisti continuano a votarli e a chiudere gli occhi, avvallando così il loro “modus operandi”.
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La sinistra, che da sempre si pone come difensore degli operai e delle classi deboli, è in realtà tra i maggior artefici del disastro italiano, coprendo omertosamente i responsabili corrotti, spesso semplici ingranaggi e strumenti in mano dei dirigenti.
Ne è un esempio ecclatante lo scandalo della Banca Monte dei Paschi di Siena, il cui CDA era asservito ai voleri del PD, completamente consapevole delle scandalose operazioni finanziarie condotte sulla pelle dei cittadini.
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Continuando la carrellata di situazioni in cui si riscontrano disagi di proporzioni epiche, rispetto al passato, troviamo i costi che le famiglie devono subire per poter mettere i propri figli negli asili d’infanzia.
Spesso le mamme rinunciano al posto di lavoro, poiché risulta più conveniente piuttosto che pagare le rette astronomiche (specie se i figli sono piu di uno) verso cui il sistema del malaffare ci ha condotti.
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Tutto ciò accade, naturalmente, se non si appartiene all’etnia Rom, nel cui caso si ha invece diritto ad un posto riservato e gratuito, con aggiunta di sovvenzione ad hoc, alla faccia di chi lavora e paga le tasse.
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Sembra un paradosso se non fosse che esiste una ragione ben precisa coincidente con la gestione, esercitata da sempre dalle organizzazioni di sinistra (le famigerate cooperative), dei flussi migratori degli extracomunitari, e non solo.
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Ingenti risorse statali vengono messe in gioco per dipanare la matassa delle emergenze, sia nei confronti dei Rom che dei barconi di disperati provenienti dall’Africa, ma ben pochi di quei soldi arrivano ai destinatari, poiché schiere di politici corrotti provvedono a deviarne il percorso.
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Nel frattempo la crisi, di cui gli stessi politici sono artefici, attanaglia le famiglie e le aziende, trascinando molte persone nel baratro della disperazione, come si evince dai molti suicidi di imprenditori disperati.
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Assistiamo quindi alla trasformazione dello Stato, che è quindi diventato nemico della gente, così com’è gestito da delinquenti senza scrupoli, i quali poi tuonano nei programmi di intrattenimento televisivi contro l’antipolitica, come a dire che la responsabilità è di coloro che protestano contro di loro.
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Il fisco è tornato ad essere, non uno strumento di gestione del rapporto economico che intercorre tra Stato e Cittadini, ma un odioso ed arcaico mezzo di tipo medioevale attraverso cui le imposizioni di tasse sempre più esose attanagliano i lavoratori.
La stretta fiscale, assolutamente iniqua e arbitraria, assume i connotati di sistema dittatoriale, attraverso cui personaggi come Napolitano, Renzi, Berlusconi, Prodi, D’Alema, e tutta la schiera di politicanti italiani, mantengono il potere.
Se vuoi vivere devi pagare !
Se vuoi che i tuoi figli abbiano un futuro, per quanto aleatorio possa essere, devi subire e chinare la testa, senza protestare.
Se andrai in pensione a 67 anni (sempre che ci arrivi e sempre che non modifichino la Legge, aggiungendo ancora altri anni) devi rassegnarti, e accettare la miseria che ti sarà riconosciuta, anche se schiere di politici ladri e mafiosi, otterranno vitalizi e pensioni da nababbo.
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Devi accettare i 600 euro che ti daranno dopo 45 anni di lavoro, anche se i politici ne prenderanno 2500 0 3000 dopo soli 5 anni di legislatura.
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Questi sono i percorsi che stanno portando l’italia verso l’abisso, e che hanno invertito forse irreversibilmente il cammino di civiltà iniziato dai nostri nonni, dai nostri padri e che non troverà purtroppo riscontro nei nostri nipoti.
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Le sanguisughe che sono attaccate al portafoglio degli italiani e che fanno parte del mondo della politica dovrebbero essere considerate nemici dell’umanità e trattate alla stregua di scarafaggi da schiacciare, senza alcuna pietà.
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Non so se vi ricordate Duilio Poggiolini, il Re Mida della Sanità, il funzionario pubblico massone che permise la commercializzazione di sangue infetto, inducendo l’epidemia di infezioni da HIV ed epatite C negli anni ’90 sotto il Ministero di Francesco De Lorenzo del Partito Liberale.
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Personaggi come questo hanno evidentemente fatto da “Nave Scuola” per quei politici che sono venuti dopo di loro, e che imperturbabilmente compiono le loro nefandezze con l’unica accortezza di non farsi scoprire.
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Intanto molti pensionati italiani mangiano pane e latte per poter sopravvivere mese dopo mese.
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L’escamotage e l’inganno che i politici si inventano per arraffare soldi sono all’ordine del giorno.
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Un esempio ?
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Il popolo vota contro il finanziamento pubblico dei partiti, e la politica instaura un nuovo sistema, che è quello dei rimborsi elettorali, aggirando l’ostacolo in spregio alla volontà dei loro stessi elettori.
I cittadini assistono alle nefandezze di personaggi di spicco che sono alla guida dei maggiori partiti ma continuano ad osannarli, a riempire le Piazze ogni qualvolta è presente un comizio dei vari D’Alema, Bersani, Vendola, Berlusconi, ecc, ecc.
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Mi viene quindi da considerare che forse abbiamo ciò che meritiamo !
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Ci stanno sodomizzando da lungo tempo e noi continuiamo a votarli …
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Mi viene il sospetto che a molti piaccia…
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Dissenso
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lunedì 30 marzo 2015

LA CORALE PIETRO NERI BARALDI

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Pietro Neri-Baraldi (1826 - 29 Giugno 1902 ) fu  un  famoso cantante d'opera italiano di origini minerbiesi, dove nacque il 1° febbraio del 1826 da famiglia contadina.
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Pietro Neri Baraldi
Come tenore cantò in tutta Europa interpretando ruoli principali, fin dal suo debutto al Teatro Comunale di Bologna nel 1850 .
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Dal 1853 fu impegnato come primo tenore al Teatro del Corso (il Teatro fu poi distrutto dai bombardieri americani il 29 gennaio 1944), dove si esibì nelle sue prime apparizioni bolognesi, cantando e interpretando i personaggi di “Manrico” (nel Trovatore) , del “Duca di Mantova” (nel Rigoletto), e di “Ubaldo” (in Elena da Feltre).
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Pietro Baraldi fu poi protagonista a Parigi, nella stagione teatrale 1854/1855,  sia  al Théâtre-Italien che all'Opéra di Parigi.
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Cantò poi in una vasta gamma di ruoli a Londra dal 1856 al 1868, prima al Lyceum Theatre e poi alla Royal Opera House.
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Teatro del Corso bombardato
In alcune performances interpretò il ruolo di “Gennaro”, come primo tenore, durante il melodramma “Lucrezia Borgia” (da Victor Hugo) al Regio Teatro San Carlos di Lisbona, nel dicembre del 1860.
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Ugualmente si distinse nel ruolo del “Visconte Sirval”, sempre come tenore, nel melodramma “Linda di Chamounix” ( di Gaetano Donizetti) al Teatro regio di Torino nel gennaio del 1867.
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Antonietta Fricci
Nel 1863 Pietro Neri Baraldi sposò il soprano di origine austriaca Antonietta Fricci (1840-1912) con la quale condivise spesso le apparizioni sul palcoscenico.
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Nei suoi ultimi anni si dedicò all’insegnamento del canto, e tra i suoi migliori allievi spiccò per eccellenza il soprano sudafricano, Ada Forrest (Cherry Kearton).
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Pietro Baraldi morì a Bologna il 29 giugno 1902, all’età di 76 anni.
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Successivamente, nei primi mesi del 1920 nacque a Minerbio la Corale Pietro Neri Baraldi, così chiamata in onore e in ricordo del grande tenore .
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Il fondatore  del primo stadio  embrionale della Corale fu  il giovane seminarista  Corrado Bortolini,  anch’egli  minerbiese, di cui trovate notizie su un nostro precedente post, all’indirizzo :
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Dopo aver radunato un gruppo di persone amanti del bel canto a Minerbio, Corrado costituì infatti un piccolo coro, che gradatamente , forte dell’entusiasmo generale dei concittadini, si costituì appunto come "Corale Pietro Baraldi".
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Troviamo tracce di Don Corrado anche in una delle tabelle del percorso didattico  realizzato dall’Associazione Amici di Minerbio.
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Nella tabella 11 di tale percorso, infatti, si fa riferimento  alla corale “Pietro Neri Baraldi”, fondata proprio da Don Corrado ed è presente anche una fotografia del 1924, nel giorno della festa dell’Assunta, il 15 agosto,  in cui sono ritratti i membri della Corale, sullo sfondo del muro e del cancello che limitavano via Larga Castello a Minerbio.
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In precedenza, durante il 1° decennio del 1900, in paese, esistevano alcuni raggruppamenti di persone che nel tempo  libero  si  dedicavano   ad   esprimere  il   loro amore    per   la musica, esibendosi in due formazioni musicali denominate “Bénde d’in zò” (detta anche “Bènde di puvrètt”) e “Bénde d’in sò”.
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La prima, detta anche “del Canaletto” (dalla denominazione della strada) si era costituita attorno alla figura di un certo Scanabissi Fernando, un giovane musicista autodidatta, suonatore di tromba, mentre la seconda trasse le proprie origini dal gruppo dei “Settembrini”, a sua volta originato da una associazione patriottica minerbiese, denominata XX settembre.
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Entrambi i “gruppi” di paesani erano composti da gente semplice, genuina, come i “canapini”, i falegnami, o i contadini, perlopiù analfabeti e privi di una cultura musicale paragonabile a quella delle moderne “bande” musicali cittadine.
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I componenti suonavano “ad orecchio”, senza spartito, ed esprimevano la loro voglia di aggregazione e il loro desiderio di contrastare, con la musica, la miseria e la mancanza di benessere economico che a quell’epoca imperava nei paesi e nelle città italiane.
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Si narra che a volte Scanabissi, l’elemento di maggior spicco degli “insò” andasse di nascosto ad ascoltare le prove degli “inzò” (i “Settembrini”) e poi, furbescamente, preparasse con i suoi l’esecuzione delle musiche appena acoltate, per suonarle inaspettatamente in piazza prima dell’altro gruppo, lasciandoli con un “palmo di naso”.
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Queste parodie scherzose animavano una Minerbio, in cui comunque era sempre presente, in ogni locale pubblico, o bettola, o bar, o trattoria, qualcuno che suonava il mandolino oppure l’ocarina, così come la fisarmonica, caratterizzando il paese con  il suo clima musicale e festoso.
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Dopo l’ultima guerra, e precisamente il 1° marzo 1945, il fondatore della corale Pietro Baraldi, Don Bortolini, che nel frattempo era divenuto parroco a S.Maria Induno (Bentivoglio), fu prelevato nella sua Parrocchia da due partigiani comunisti armati, dopo le 20, e portato via.
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Il clima di guerra civile e fratricida che ha insanguinato le città e i paesi italiani dopo la fine del conflitto mondiale, è stato piuttosto intenso nelle nostre zone, e le vittime hanno spesso pagato con la vita il loro tributo alla sete di sangue e di vendetta che ha spesso animato le intenzioni di parte dei vincitori.
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Della sorte del Parroco Don Bortolini non si seppe più nulla, tranne quanto risulta dalle parole del suo successore, Don Silvano Stanzani, il quale affermò di aver scoperto che i partigiani si abbandonarono ad episodi di tortura e di efferatezze.
Addirittura “una donna che comandava un manipolo di assassini comunisti, partigiani, lo evirò personalmente e poi lo fece legare ad un camioncino, al fine di trascinarlo per circa un chilometro, per impiccarlo poi al ramo di un albero”.
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Gli sopravvisse la “Corale Pietro Baraldi”, ma solo fino al 1947,  poi si sciolse silenziosamente.
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Durante il suo percorso la corale partecipò al Concorso Internazionale di Venezia nel luglio 1924, organizzò rappresentazioni come operette e concerti fino al 1925, concorse a Roma tra le corali associate all’Ente Nazionale “Dopo Lavoro” classificandosi al quarto posto, e organizzò veglioni di carnevale e cori natalizi negli anni ’30.
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La musica è sempre stata presente a Minerbio, fino ad oggi, come filo conduttore di ricerca istintiva e spontanea dell’espressione musicale in quanto tale, simbiotica di un amore tra le persone, tra il musicista di strada e l’ascoltatore occasionale, che nasce dal desiderio di esprimere una assonanza di intenti quale può essere la ricerca del benessere interiore, della fratellanza.
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Nacquero le fanfare, il “Concerto ocarinistico”, la “Società del Clinto”, le serenate e i “Maggi”, i gruppi musicali, i complessini, e il Corpo Bandistico.
Minerbio ha purtroppo perso per sempre gli “insò” e gli “inzò”, gli Scanabissi, e i canapini o i contadini che animavano il paese con la loro musica, ma  nonostante ciò rimane la loro memoria, il loro spirito vitale, la loro spinta iniziale verso il futuro, ripresa e continuata da coloro che ne riproposero gli intenti.
Il paese a quei tempi era sopraffatto da una povertà materiale dilagante, ma esisteva in contrapposizione una forma di ricchezza esclusivamente intangibile, ma altrettanto significativa, da cui possiamo trarre una preziosa lezione esistenziale.
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Si tratta di quell’espressione di vita rappresentata e composta dallo spirito e dall’anima stessa di tutti coloro che, come i musicisti, esprimevano anche inconsciamente l’affermazione di valori universali legati alla musica e alla voglia di vivere.
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Ecco perché diventa molto importante, addirittura prioritario, a nostro avviso, ricercare nella conoscenza del passato quegli elementi di vita da cui proveniamo, conservandone la memoria e riconoscendo loro un giusto tributo di riconoscenza e di affetto.
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Le fanfare, gli “insò” e gli “inzò”, così come la corale Pietro Baraldi, devono essere ricordate e considerate come un valore aggiunto lungo il percorso di una civiltà verso cui siamo tutti proiettati, ma a cui non si può tendere senza prescindere dagli insegnamenti e dagli esempi di vita trascorsi.
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N.d.A.
Alcune delle informazioni che hanno permesso la realizzazione di questo post sono state desunte dalla lettura del libro di Cesare Fantazzini e Oscar Mischiati :
"Tradizioni musicali minerbiesi II vol."
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Un grazie agli autori di questo libro, esauriente e molto interessante, di cui consiglio la lettura.
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E.B.
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domenica 29 marzo 2015

ATTENTI ALLA PROCESSIONARIA

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La stagione primaverile ci porta, oltre al suo carico di straordinari colori e profumi, anche alcuni pericoli che vanno tenuti nella debita considerazione.
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Uno di questi è rappresentato dalla comparsa della “Processionaria del Pino” e dalla “Processionaria della Quercia”
Si tratta in entrambi i casi di un piccolo bruco, nato dalla deposizione delle uova di una farfalla, che proprio in questo periodo si schiudono.
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Le larve appena nate si incamminano in “fila indiana”, insieme, unendosi in lunghe file, da cui trae origine il loro stesso nome : Processionaria.
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Ciò accade nei boschi, ma anche nei parchi pubblici e nei giardini delle abitazioni in cui c’è la presenza di alberi.
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Le uova infatti vengono deposte dalle farfalle sui rami più assolati, quelli più esterni e lontani dal tronco, per poi, ai primi caldi, assorbire il calore del sole e dischiudersi.
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La processionaria del pino, il cui nome scientifico è “Thaumetopoea pityocampa (Denis & Schiffermuller)”, è un lepidottero appartenente alla famiglia Notodontidae, ed è un insetto purtroppo molto nocivo per le pinete, poiché sviluppa un’azione distruttiva del fogliame, attaccando soprattutto il Pinus nigra, il Pinus sylvestris, il Pinus pinea, il Pinus mugo, il Pinus pinaster, il Pinus strobus,  i cedri, il Picea abies, e il Larix decidua.
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La processionaria della quercia, il cui nome scientifico è “Thaumetopoea processionea (Linnaeus, 1758), è anch’esso un lepidottero della stessa famiglia di quella del pino, ma con la differenza che le sue larve si nutrono di foglie di quercia, soprattutto di Quercus robur e Quercus peduncolata.
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Occasionalmente può colpire anche faggi, noccioli, castagni, carpini, betulle e cedri.
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Nel loro percorso le larve, della misura di circa 3-4 cm., si nutrono del fogliame delle piante che incontrano lungo la loro lenta ma costante processione, spogliando completamente gli alberi.
La farfalla
Le processionarie risultano quindi essere molto distruttive per l’azione parassitaria che svolgono, e molto pericolose per la sopravvivenza delle varie specie arboree.
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Questa però non è l’unica prerogativa per cui la larva è da considerare dannosa, ma anche per il fatto che i suoi peli possono causare irritazioni epidermiche.
I peli urticanti sono simili a piccoli arpioni provvisti di punte laterali dirette verso l‘apice, e la loro pericolosità si compone del risultato di una duplice azione, una fisica e una chimica.
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La loro particolare conformazione permette ai peli urticanti non solo di ancorarsi alla cute dell’uomo, o agli occhi, oppure ai polmoni se inalati, ma anche di penetrare in profondità e di permanervi per lungo tempo.
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Possibili conseguenze in caso di contatto con i peli urticanti di larve di processionarie.
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L’azione chimica consiste nel liberare una particolare proteina solubile a seguito della rottura del pelo.
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Gli effetti sulla pelle, dopo il contatto con i peli urticanti sono immediati e si manifestano con la presenza di un eritema papuloso fortemente pruriginoso.
In caso di contatto con gli occhi si sviluppa una rapida congiuntivite (con rossore e dolore agli occhi), mentre se il pelo del bruco penetra in profondità nel bulbo oculare si verificano gravi reazioni infiammatorie che possono progredire fino alla cecità.
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Nel caso di peli profondamente infissi e integrati nel tessuto oculare, questi dovranno essere rimossi chirurgicamente.
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L’inalazione provoca invece starnuti, mal di gola, difficoltà nella deglutizione e difficoltà respiratoria come nel caso di un broncospasmo simile a quello dell’asma (restringimento delle vie respiratorie).
processionaria del pino
In caso di ingestione dei peli urticanti si ha l’infiammazione delle mucose della bocca e dell’intestino, accompagnata da sintomi come : salivazione, vomito, e dolore addominale.
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I consigli generici (è sempre meglio rivolgersi ad un medico) suggeriscono di non grattare mai la parte irritata, e di mettersi sotto una doccia calda.
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Non usare ammoniaca, ma usare (previa valutazione del medico) creme a base di cortisone.
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Il prurito permane comunque per 5 giorni o più, mentre le vescicole per due settimane circa.
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In caso di reazione allergica sarà necessario, previa prescrizione medica, l’assunzione di antistaminici per via orale.

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La processionaria risulta essere molto pericolosa anche per i nostri amici animali, come i cani e i cavalli, i quali brucando l’erba o annusando il terreno possono ingerire i peli urticanti dei piccoli bruchi .
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nido di processionaria
In questi casi i danni possono essere molto gravi.
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Il contatto della lingua del cane, ad esempio, con i peli urticanti, provoca la distruzione del tessuto cellulare, e il danno può essere talmente serio da innescare un processo di necrosi tale da compromettere porzioni di lingua.
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L’animale perde vivacità e presenta sintomi come : febbre, rifiuto del cibo, vomito e diarrea, anche emorragica.
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Il rimedio di primo intervento, prima di ricorrere al veterinario, è quello di lavare abbondantemente la bocca dell’animale con una soluzione di acqua e bicarbonato, magari con l’ausilio di una siringa senza ago con la quale spruzzarvi ripetute volte la soluzione di lavaggio.
I parchi pubblici cittadini non sono esenti dalla presenza della processionaria, per cui è bene che le persone conoscano  quanto descritto sopra, al fine di  poter ugualmente approfittare e disporre della bellezza che la natura ci offre nel periodo primaverile, con i suoi colori e i suoi profumi, ma evitando al contempo di fare incontri spiacevoli.
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Esistono precise disposizioni di Legge sulla lotta obbligatoria contro la Processonaria del Pino (Traumatocampa pythiocampa) - D.M. 17 Aprile 1998 che impongono di porre la dovuta attenzione, anche istituzionale, a questo problema.
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B.E.
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