La cultura, nelle sue innumerevoli sfaccettature, non è un semplice accessorio che accompagna le persone durante il loro percorso di formazione nella crescita individuale verso una migliore interpretazione dei singoli ruoli.
La cultura potrebbe essere benissimo paragonata agli aminoacidi, e cioè ai mattoni che sono alla base della formazione di quelle molecole proteiche così importanti per lo sviluppo della vita.
I tasselli che compongono lo sterminato puzzle dello scibile, costituiscono anch’essi una base di partenza, un inizio di percorso attraverso cui ci si può inoltrare in un universo di conoscenza, assimilabile soggettivamente e che ci caratterizza gli uni dagli altri.
Non possiamo considerare conclusa e definitiva una formazione culturale che sia esclusivamente legata ad un percorso di scolarizzazione e di didattica preconfezionata, anche se il livello di insegnamento avesse caratteristiche ottimali.
Basta pensare alla situazione ambigua che si può riscontrare nei regimi totalitari.
In questi casi, la cultura è impersonificata da una didascalica e obbligatoria sequenza di paradigmi ufficiali, oltre i quali non è consentita alcuna esplorazione, e in cui l’universo dello scibile è drammaticamente confinato in un mondo parallelo e limitato, imposto dal regime di turno.
Gli esempi non mancano neanche ai tempi odierni.
La cultura potrebbe essere benissimo paragonata agli aminoacidi, e cioè ai mattoni che sono alla base della formazione di quelle molecole proteiche così importanti per lo sviluppo della vita.
I tasselli che compongono lo sterminato puzzle dello scibile, costituiscono anch’essi una base di partenza, un inizio di percorso attraverso cui ci si può inoltrare in un universo di conoscenza, assimilabile soggettivamente e che ci caratterizza gli uni dagli altri.
Non possiamo considerare conclusa e definitiva una formazione culturale che sia esclusivamente legata ad un percorso di scolarizzazione e di didattica preconfezionata, anche se il livello di insegnamento avesse caratteristiche ottimali.
Basta pensare alla situazione ambigua che si può riscontrare nei regimi totalitari.
In questi casi, la cultura è impersonificata da una didascalica e obbligatoria sequenza di paradigmi ufficiali, oltre i quali non è consentita alcuna esplorazione, e in cui l’universo dello scibile è drammaticamente confinato in un mondo parallelo e limitato, imposto dal regime di turno.
Gli esempi non mancano neanche ai tempi odierni.
E’ sufficiente osservare e constatare l’indottrinamento coatto esercitato nelle scuole coraniche oggigiorno, così come la mera alfabetizzazione che per anni si è consumata in Cina, ove per volere di Mao e della sua consorte, furono dati alle fiamme tutti i libri e i testi che non appartenevano ad una visone integralista del comunismo di Stato.
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La cultura si può definire tale solo quando è raggiungibile da chiunque, sia quando essa rappresenti l’espressione di una dissidenza socio politica nei confronti di un regime, così come quando esprime i percorsi artistici di un pittore o di uno scultore, piuttosto che quando ci racconta i segreti che, tramandati, hanno permesso una evoluzione costante nei vari settori di studio.
La conoscenza e la cultura sono i due aspetti simbiotici di una convergenza di risultati attraverso i quali possiamo unire l’apprendimento didattico con l’elaborazione sintattica, passando attraverso l’analisi e l’universalizzazione di valori ancestrali, alla ricerca di punti di riferimento soggettivamente interpretabili.
Una base culturale dallo spessore interessante è apprezzabile per il fatto che pur poggiando su postulati oggettivamente canonizzati, quali i concetti di pace, di armonia, di bellezza, di arte, di natura, e di mille altri enunciati, può essere il punto di partenza per interpretazioni soggettive, per divagazioni e divergenze, per approfondimenti e riscoperte, per esaltanti elucubrazioni mentali, per pindarici voli di fantasia, per l’ampliamento di orizzonti altrimenti limitati, in un meraviglioso e intrinseco sviluppo ulteriore della base culturale stessa.
Quasi sempre però la cultura è ghettizzata e stratificata attraverso classi sociali, relegandone la possibilità di fruirne solo a pochi eletti, o a chi tenacemente ne rincorre il chimerico ed effimero miraggio.
Non a caso i teatri non sono frequentati assiduamente dalla classe operaia.
Non a caso lo studio e l’approfondimento di tematiche oggetto di attenzione sono appannaggio quasi esclusivo di fasce abbienti di ogni popolazione.
La stessa Università, nei suoi diversi corsi di studio, ha caratteristiche peculiari che non rendono facile a tutti il poterne fruire.
I costi elevati, uniti alla mancanza di capillarità riguardo alla presenza degli atenei sul territorio, demotivano e disilludono una gran parte di coloro che aspirerebbero ad una laurea.
Le realtà territoriali locali che circondano le maggiori città sono di solito organizzate in modo da poter usufruire, il meglio possibile, di una serie di servizi tesi al miglioramento della vita stessa.
La richiesta che però spesso viene disattesa, come ad esempio nel Comune di Minerbio, è quella che riguarda il bisogno di strutture atte alla ricezione di offerte di tipo culturale.
Nella fattispecie nella nostra cittadina mancano infatti dei locali pubblici che possano fungere da circolo culturale laico.
Esistono alcune realtà similari, ma sono legate a doppio filo, una con il clero locale, e l’altra con i partiti della sinistra.
Va da sé che i condizionamenti culturali siano evidenti, e che quindi non si possa identificare nessuna di queste strutture con una vera e propria dilatazione di esuberanze intellettuali, ma solo come interpretazione di visioni talebane dal carattere involutivo.
La cultura è un’altra cosa.
La cultura è la massima rappresentanza di una società democratica, e deve essere alla portata di chiunque voglia avvicinarvisi.
Lo Stato e le sue diramazioni logistiche, rappresentate dalle Regioni, dalle Province, e dai Comuni, dovrebbero prioritariamente preoccuparsi di dotare i cittadini degli strumenti adeguati all’assorbimento di ogni risorsa culturale disponibile.
In conseguenza di tale principio basilare, sono infatti sorti i Musei, le Gallerie d’Arte, le Associazioni culturali, e tutto un universo di convergenze parallele che stimolano una ricezione delle risorse culturali universalizzate.
Tutto ciò…non esiste a Minerbio !
A Minerbio non esiste un circolo culturale laico che permetta ai cittadini di orientarsi e di intraprendere i percorsi di sviluppo formativo legati ad una qualsiasi tematica.
A Minerbio non esiste un centro di aggregazione che permetta alle famiglie di conoscersi e di apprezzare magari i medesimi interessi culturali, e che consenta di inoltrarsi in territori di apprendimento caratterizzati da vicendevoli scambi di esperienze formative.
A Minerbio esiste però un notevole condizionamento che privilegia interessi di parte, rappresentati dalla presentazione di alcune isolate entità , volontariamente affiliate a visioni settarie e politiche della realtà.
Da una parte troneggia il circolo La Pira, di estrazione prettamente cattolica, e quindi legato a interpretazioni nettamente in antitesi con alcune prese di posizione del mondo laico su argomenti quali l’aborto, il sesso, la contraccezione, e molti altri appartenenti alla nostra quotidianità.
Dall’altra svetta, in un olimpo di faziosità e di arroganza, l’emanazione di un contesto intriso di supponenza, come quello dell’Amministrazione comunale, e che fa riferimento ad un collaudato sistema di indottrinamento di stampo bulgaro o cinese.
Si può quindi parlare di strutture culturali a Minerbio…?
Si può parlare di politiche culturali sviluppate a favore dei cittadini, e del loro benessere intellettuale…?
Tirando le somme, direi proprio di no.
A San Martino di Soverzano, a poca distanza dal Castello dei Manzoli, c’è una struttura scolastica in disuso, oramai abbandonata da tempo, e lasciata in stato di abbandono dall’attuale Amministrazione minerbiese.
Si tratta di un patrimonio dei cittadini che andrebbe valorizzato, conservato, e perché no, adibito ad utilizzo comune, per esempio ristrutturando e convertendo lo stabile in una struttura culturale, magari gestita da volontari.
Purtroppo, malgrado le numerose sollecitazioni, il Sindaco ha pensato bene di ignorare perfino la proposta di rifare il tetto dello stabile, per evitare ulteriore degrado.
Altro che cultura !
Sembra che a questa Amministrazione prema piuttosto il comparire sui giornali mentre si taglia il nastro di inizio lavori di una nuova Scuola a Cà de Fabbri, (nonostante ce ne sia già una), piuttosto che recuperare un patrimonio già disponibile sul territorio, appunto, e intraprendere percorsi di sviluppo culturali.
Infatti, a tale proposito ricordo che, mentre sono stati enfaticamente annunciati i futuri Orti scolastici nella Struttura che, se tutto va bene, vedrà la luce tra qualche anno, sono stati contemporaneamente e meno pomposamente ignorati quelli proposti dai cittadini per l’Istituto comprensivo di Minerbio.
Le responsabilità politiche di questi amministratori si sommano giorno per giorno, acquisendo caratteristiche di estrema negatività, ma l’impatto più devastante del loro percorso riguarda l’assenza totale di una pianificazione strutturale disposta a fornire ai cittadini un democratico accesso alla cultura.
Quella stessa cultura che sta alla base della Democrazia, culla di una civiltà che riscopre ed assapora le prerogative intrinsecamente celate in un rapporto di conoscenza tra l’universalità dello scibile, e la soggettiva assimilazione interpretativa.
Negare ai cittadini queste risorse rappresenta un grave atto di sopraffazione culturale, ascrivibile soltanto ad una volontà di prevaricazione intellettuale, riconducibile a sistemi di staliniana memoria.
Prima di elargire 160.000,00 euro ad una Scuola cattolica, o prima di approvare la costruzione di una strada non necessaria, piuttosto che una pista ciclabile a ridosso di un canale, ci sarebbero priorità da rispettare, per il bene comune, che sembrano sfuggire alla comprensione di chi ci amministra.
Sarebbe sufficiente, per costoro, che si confrontassero con i cittadini e con le opposizioni, per capire il disagio incombente e le priorità da prendere in esame.
La cultura non può essere relegata come fanalino di coda, in quanto esprime la pluralità delle intelligenze democratiche.
E’ proprio questo che mi dà da pensare…
Come mai questa Amministrazione non dà gli strumenti adatti per percorrere itinerari culturali diversi da quelli proposti dal Clero, o dalle organizzazioni di sinistra…?
Come mai il Sindaco lascia andare in malora un importante bene pubblico, come la Scuola sopra citata, invece di valorizzarla e mantenerla in vita, magari creando posti di lavoro…a scapito di quella stessa cultura che non ha sedi appropriate per poter esistere…?
Come mai non viene dato spazio alcuno ad espressioni di dissenso palesatesi sul territorio, nonostante siano la democratica espressione del malessere locale che aumenta quotidianamente…?
La gestione amministrativa di Bologna, simbolo all’occhiello di un sistema di potere arrogante e supponente ha portato, conseguentemente all’operato del suo massimo esponente, il Pdessino Delbono, collega di partito del Sindaco Minganti, al commissariamento della città.
A Minerbio, non solo si condividono gli stessi ideali politici del partito di appartenenza di Delbono, ma ci si adopera per fagocitare e inglobare in un silenzio oppressivo qualsiasi voce di dissenso, e di emanare soltanto quelle proposizioni filosofiche e filologiche appartenenti ad un sistema politico che vede le sue origini in trascendenze di Togliattiana memoria.
La mentalità chiusa e pervicacemente istituzionalizzata ricorda quella dei Talebani, che portò come tappa del loro percorso di monopolizzazione del pensiero, alla distruzione delle famose statue del Buddha nella valle di Bamiyan, in Afghanistan nel 2001.
Qui nel nostro paese non si distrugge, ma si evita di creare, impedendo di realizzare progetti culturali di massa, tacendo colpevolmente sulla questione, in un silenzio complice e beffardo, in antitesi con qualsiasi visone di una società democratica.
Non a caso i teatri non sono frequentati assiduamente dalla classe operaia.
Non a caso lo studio e l’approfondimento di tematiche oggetto di attenzione sono appannaggio quasi esclusivo di fasce abbienti di ogni popolazione.
La stessa Università, nei suoi diversi corsi di studio, ha caratteristiche peculiari che non rendono facile a tutti il poterne fruire.
I costi elevati, uniti alla mancanza di capillarità riguardo alla presenza degli atenei sul territorio, demotivano e disilludono una gran parte di coloro che aspirerebbero ad una laurea.
Le realtà territoriali locali che circondano le maggiori città sono di solito organizzate in modo da poter usufruire, il meglio possibile, di una serie di servizi tesi al miglioramento della vita stessa.
La richiesta che però spesso viene disattesa, come ad esempio nel Comune di Minerbio, è quella che riguarda il bisogno di strutture atte alla ricezione di offerte di tipo culturale.
Nella fattispecie nella nostra cittadina mancano infatti dei locali pubblici che possano fungere da circolo culturale laico.
Esistono alcune realtà similari, ma sono legate a doppio filo, una con il clero locale, e l’altra con i partiti della sinistra.
Va da sé che i condizionamenti culturali siano evidenti, e che quindi non si possa identificare nessuna di queste strutture con una vera e propria dilatazione di esuberanze intellettuali, ma solo come interpretazione di visioni talebane dal carattere involutivo.
La cultura è un’altra cosa.
La cultura è la massima rappresentanza di una società democratica, e deve essere alla portata di chiunque voglia avvicinarvisi.
Lo Stato e le sue diramazioni logistiche, rappresentate dalle Regioni, dalle Province, e dai Comuni, dovrebbero prioritariamente preoccuparsi di dotare i cittadini degli strumenti adeguati all’assorbimento di ogni risorsa culturale disponibile.
In conseguenza di tale principio basilare, sono infatti sorti i Musei, le Gallerie d’Arte, le Associazioni culturali, e tutto un universo di convergenze parallele che stimolano una ricezione delle risorse culturali universalizzate.
Tutto ciò…non esiste a Minerbio !
A Minerbio non esiste un circolo culturale laico che permetta ai cittadini di orientarsi e di intraprendere i percorsi di sviluppo formativo legati ad una qualsiasi tematica.
A Minerbio non esiste un centro di aggregazione che permetta alle famiglie di conoscersi e di apprezzare magari i medesimi interessi culturali, e che consenta di inoltrarsi in territori di apprendimento caratterizzati da vicendevoli scambi di esperienze formative.
A Minerbio esiste però un notevole condizionamento che privilegia interessi di parte, rappresentati dalla presentazione di alcune isolate entità , volontariamente affiliate a visioni settarie e politiche della realtà.
Da una parte troneggia il circolo La Pira, di estrazione prettamente cattolica, e quindi legato a interpretazioni nettamente in antitesi con alcune prese di posizione del mondo laico su argomenti quali l’aborto, il sesso, la contraccezione, e molti altri appartenenti alla nostra quotidianità.
Dall’altra svetta, in un olimpo di faziosità e di arroganza, l’emanazione di un contesto intriso di supponenza, come quello dell’Amministrazione comunale, e che fa riferimento ad un collaudato sistema di indottrinamento di stampo bulgaro o cinese.
Si può quindi parlare di strutture culturali a Minerbio…?
Si può parlare di politiche culturali sviluppate a favore dei cittadini, e del loro benessere intellettuale…?
Tirando le somme, direi proprio di no.
A San Martino di Soverzano, a poca distanza dal Castello dei Manzoli, c’è una struttura scolastica in disuso, oramai abbandonata da tempo, e lasciata in stato di abbandono dall’attuale Amministrazione minerbiese.
Si tratta di un patrimonio dei cittadini che andrebbe valorizzato, conservato, e perché no, adibito ad utilizzo comune, per esempio ristrutturando e convertendo lo stabile in una struttura culturale, magari gestita da volontari.
Purtroppo, malgrado le numerose sollecitazioni, il Sindaco ha pensato bene di ignorare perfino la proposta di rifare il tetto dello stabile, per evitare ulteriore degrado.
Altro che cultura !
Sembra che a questa Amministrazione prema piuttosto il comparire sui giornali mentre si taglia il nastro di inizio lavori di una nuova Scuola a Cà de Fabbri, (nonostante ce ne sia già una), piuttosto che recuperare un patrimonio già disponibile sul territorio, appunto, e intraprendere percorsi di sviluppo culturali.
Infatti, a tale proposito ricordo che, mentre sono stati enfaticamente annunciati i futuri Orti scolastici nella Struttura che, se tutto va bene, vedrà la luce tra qualche anno, sono stati contemporaneamente e meno pomposamente ignorati quelli proposti dai cittadini per l’Istituto comprensivo di Minerbio.
Le responsabilità politiche di questi amministratori si sommano giorno per giorno, acquisendo caratteristiche di estrema negatività, ma l’impatto più devastante del loro percorso riguarda l’assenza totale di una pianificazione strutturale disposta a fornire ai cittadini un democratico accesso alla cultura.
Quella stessa cultura che sta alla base della Democrazia, culla di una civiltà che riscopre ed assapora le prerogative intrinsecamente celate in un rapporto di conoscenza tra l’universalità dello scibile, e la soggettiva assimilazione interpretativa.
Negare ai cittadini queste risorse rappresenta un grave atto di sopraffazione culturale, ascrivibile soltanto ad una volontà di prevaricazione intellettuale, riconducibile a sistemi di staliniana memoria.
Prima di elargire 160.000,00 euro ad una Scuola cattolica, o prima di approvare la costruzione di una strada non necessaria, piuttosto che una pista ciclabile a ridosso di un canale, ci sarebbero priorità da rispettare, per il bene comune, che sembrano sfuggire alla comprensione di chi ci amministra.
Sarebbe sufficiente, per costoro, che si confrontassero con i cittadini e con le opposizioni, per capire il disagio incombente e le priorità da prendere in esame.
La cultura non può essere relegata come fanalino di coda, in quanto esprime la pluralità delle intelligenze democratiche.
E’ proprio questo che mi dà da pensare…
Come mai questa Amministrazione non dà gli strumenti adatti per percorrere itinerari culturali diversi da quelli proposti dal Clero, o dalle organizzazioni di sinistra…?
Come mai il Sindaco lascia andare in malora un importante bene pubblico, come la Scuola sopra citata, invece di valorizzarla e mantenerla in vita, magari creando posti di lavoro…a scapito di quella stessa cultura che non ha sedi appropriate per poter esistere…?
Come mai non viene dato spazio alcuno ad espressioni di dissenso palesatesi sul territorio, nonostante siano la democratica espressione del malessere locale che aumenta quotidianamente…?
La gestione amministrativa di Bologna, simbolo all’occhiello di un sistema di potere arrogante e supponente ha portato, conseguentemente all’operato del suo massimo esponente, il Pdessino Delbono, collega di partito del Sindaco Minganti, al commissariamento della città.
A Minerbio, non solo si condividono gli stessi ideali politici del partito di appartenenza di Delbono, ma ci si adopera per fagocitare e inglobare in un silenzio oppressivo qualsiasi voce di dissenso, e di emanare soltanto quelle proposizioni filosofiche e filologiche appartenenti ad un sistema politico che vede le sue origini in trascendenze di Togliattiana memoria.
La mentalità chiusa e pervicacemente istituzionalizzata ricorda quella dei Talebani, che portò come tappa del loro percorso di monopolizzazione del pensiero, alla distruzione delle famose statue del Buddha nella valle di Bamiyan, in Afghanistan nel 2001.
Qui nel nostro paese non si distrugge, ma si evita di creare, impedendo di realizzare progetti culturali di massa, tacendo colpevolmente sulla questione, in un silenzio complice e beffardo, in antitesi con qualsiasi visone di una società democratica.
Quella stessa società che vorremmo vedere a Minerbio.
E.B.
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