Articolo 21 della Costituzione Italiana

Articolo 21 della Costituzione Italiana:
"TUTTI HANNO DIRITTO DI MANIFESTARE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO CON LA PAROLA, CON LO SCRITTO E OGNI ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE. LA STAMPA NON PUO' ESSERE SOGGETTA AD AUTORIZZAZIONI O CENSURE"

giovedì 31 luglio 2014

Solo se sei comunista...

Un bel vaffanculo ai Generali panzoni e strapagati di palazzo Baracchini
E’ ormai diventato un caso nazionale ciò che è successo al 186° Reggimento paracadutisti Folgore con sede alla caserma Bandini di Siena. 

Nazionale perché trattasi di un episodio che la dittatura rossa in cui viviamo non ha gradito e pertanto per farsi compatire e avere ancora una volta l’opportunità di gridare “fascisti” ha voluto far sì che tutta l’Italia ne parlasse. 

Ovviamente sto parlando del video circolato in rete in cui una trentina di paracadutisti del 5° Battaglione hanno cantato, insieme ad un veterano, l’inno “se non ci conoscete”. 
Una vecchia canzonaccia scollacciata degli Arditi della Prima Guerra mondiale, che si canta in tutte le caserme e le cui parole estratte, nella versione del 5° Battaglione, sono, tra le altre:

 “bandiere rosse per pulirsi il culo”, 
 “botte in quantità”, 
 “bombe a man e carezze col pugnal”. 

APRITI CIELO!!! 

Eh sì, perché in questo strano paese che sta diventando l’italia e che io non riconosco più, pur dichiarandolo con il cuore a pezzi perché sono sempre andata fiera della mia italianità, ti è concesso di fare e dire tutto 

SOLO SE SEI COMUNISTA! 

Se sei un comunista puoi manifestare in mezzo a tanta gente priva di cervello che devasta le città urlando “10, 100,1000 Nassyria che va benissimo e nessuno ti critica, anzi. 

Se sei un comunista puoi cantare in piazza Duomo a Milano “a morte i due marò” sperando che marciscano in galera in un paese di pedofili stupratori pur sapendoli innocenti (le prove sono inconfutabili e inopinabili), e nessuno di Amnesty International o Nessuno tocchi Caino dissente oppure obietta. 

Se sei un comunista puoi andare a sfasciare le sedi dei partiti di destra o pestare a sangue militanti attempati degli stessi partiti mentre raccolgono firme che nessuno ti dice poi nulla anzi ti dice “hai fatto bene ti avrà sicuramente provocato”. 

Se sei comunista puoi giustificare anche in Parlamento un bastardo immigrato clandestino dal nome Kabobo che siccome era “un poverino incompreso, solo e affamato migrante (CLANDESTINO!!), senza neppure parlare e capire la nostra lingua” allora ha avuto tutto il diritto di picconare a morte 3 persone, una delle quali di soli 21 anni, e giù applausi. 

Se sei un comunista puoi compiere ogni tipo di nefandezza a discapito del tuo stesso paese che nessuno dice niente, puoi rubare, corrompere, circuire, mentire, tradire i tuoi stessi soldati, farti invadere da orde africane islamiche le quali non vedono l’ora di appropriarsi di tutto ciò che è tuo ma tu sei talmente avido di futuri voti elettorali che neghi anche la realtà più evidente (peccato poi che questi voti li vedrai in Palmento ma in un partito islamico che questi parassiti avranno formato grazie a te) che tutti ti sostengono e difendono. 

 Se sei un comunista puoi governare per ben 3 legislature senza essere eletto da un solo elettore italiano, puoi lavorarti ai fianchi con grandi lingue felpate un presidente del consiglio di cui ambisci la poltrona e alla fine ci riesci pure, puoi commettere ogni tipo di reato senza preoccupazione perché tanto sai che i giudici sono tutti del tuo stesso colore, rosso sangue, come il sangue delle vene degli italiani ormai prosciugate dalle vostre tasse per mantenere i vostri privilegi e i clandestini, e nessuno che ti dice “no, cosi non si fa”. 

Se sei comunista puoi tranquillamente comportarti in maniera spudoratamente discriminatoria verso i tuoi stessi compatrioti dando tutti quei privilegi a rom e clandestini che gli italiani non hanno più, a partire dalle case popolari e dalle graduatorie per gli asili, che poi tutti ti dicono “che cuore grande che hai”, Ma non sia mai detto che se un valoroso reduce di 91 anni, sopravvissuto alla battaglia di El Alamein nella quale morirono decine di migliaia di soldati italiani e la Folgore divenne leggenda per lo stesso nemico, canta insieme ad alcuni fieri e orgogliosi parà la canzone sopracitata in cui si osa pensare la bandiera rossa come sostitutivo della carta igienica, ne esca indenne e allora 

ECCO CHE SCATTA IMMEDIATAMENTE 
L’INQUISIZIONE COMUNISTA! 

Subito indagini nelle caserme, aperture di inchiesta nelle procure, vertici militari pronti a prostrarsi a 90° dicendo che si dissociano totalmente da questi scandalosi canti fascisti assicurando che chi di dovere sarà punito (e lì subito a immaginare quale pesantissima pena potranno mai dare a questi soldati che vogliono pulirsi il culo con la bandiera rossa? L’ergastolo? La pena di morte? Quella no, perchè quella non è in vigore da noi, ma per esempio lo è in India, dove da 892 giorni il primo governo comunista non eletto, e a seguire i due successivi, ha consegnato due nostri fratelli, due fucilieri della Marina (ora servizio taxi Africa/italia solo andata ndr) pur di non perdere una commessa commerciale. 

E su questo avere consegnato due militari in servizio in un paese dove vige la pena di morte (che è un reato!) non solo non si indaga, pur avendo ben noti i nomi dei traditori, ma si sta zitti (il silenzio della Mogherini adesso è assordante…). 

Concludo dicendo che per fare il paracadutista, servono volontà, dignità e coraggio non da tutti, e soprattutto un paio di palle d’acciaio. 
Tutte cose che i comunisti ovviamente ignorano e non possiedono. E allora, da fiera e orgogliosa sorella di un ex paracadutista del 185* Reggimento paracadutisti Folgore, ex solo in senso temporale perché nel cuore e nella mente si rimane Folgore per sempre, oggi il mio più sentito e caloroso VAFFANCULO va a tutti i modi di essere comunista come quelli sopracitati, a chi lo è da sempre e da generazioni ma soprattutto ai superiori dei grandiosi paracadutisti del video, ai generali panzoni e felloni dello Stato Maggiore che pur di compiacere la casta rossa e la peggiore classe politica vista in Italia da decenni, rinnegano i loro ragazzi. 

FONTE: LINK

“I STAND WITH ISRAEL”, contro Hamas ci mettiamo la faccia.



“Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. 
Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre“.
 
Anche chi non ha letto “La rabbia e l’orgoglio” conosce queste parole di Oriana Fallaci. 
Non si tratta di un aforisma da appendere in camera o condividere su facebook, ma di una richiesta esplicita da non disattendere.

Oriana Fallaci dopo l’11 settembre 2001 non ha potuto tacere e ha deciso di aprire gli occhi sul pericolo del terrorismo islamico e soprattutto sulla decadenza della civiltà occidentale, in primis europea. Parlare era diventato un obbligo.
L’articolo pubblicato sul Corriere della Sera pochi giorni dopo l’orribile attentato alle “torri gemelle” e la successiva uscita del libro “La rabbia e l’orgoglio” rappresentano una delle rare scosse al torpore occidentale, scarsamente rappresentato e difeso dalla sua stessa élite intellettuale.

Oriana Fallaci non c’è più, ma i suoi appelli non sono stati vani. L’Italia, grazie a lei, s’è svegliata, se non altro l’opinione pubblica ha compreso che non è tempo di dormire sugli allori. 

Ora sappiamo quando “tacere diventa una colpa”. 
E capiamo che questo è uno di quei momenti.

Non si può tacere di fronte ai missili lanciati quotidianamente da Hamas, ai bambini usati come scudi e poi vigliaccamente strumentalizzati, al pericolo del terrorismo islamico che minaccia Israele e l’occidente. 

Non si può neppure tacere di fronte alla pavidità di Usa e Ue, che anziché sostenere apertamente Israele preferiscono stigmatizzare le reazioni, invocare tregue, auspicare ritiri. 

Non c’è l’occidente a combattere contro Hamas e il terrorismo islamico, c’è Israele da solo e a quanto pare contro l’occidente stesso.

Non si può tacere di fronte all’Onu che vota a favore dell’apertura di una commissione d’inchiesta nei confronti di eventuali crimini commessi da Israele nella striscia di Gaza, grazie ad una maggioranza formata perlopiù da Paesi che applicano la shari’a o disconoscono diritti civili e leggi internazionali. 

Tutto questo mentre i social network di tutta Europa danno ampio eco alle bugie propagandistiche, alle bufale e alle menzogne dei filo-Hamas.

Troppi europei non si rendono conto che mentre nelle democrazie occidentali si discute di libertà, democrazia, diritti civili, parità di genere, nel Medio Oriente c’è chi combatte contro chi vorrebbe cancellare tutto questo.
 
Piaccia o no, Tel Aviv è rimasta l’unico baluardo a difesa dei valori occidentali. Ed è costretto a difenderli nonostante lo scetticismo di chi identifica Israele con le lobby ebraiche, i banchieri, gli usurai, i complotti pluto-giudaico-massonici, i protocolli dei savi di Sion. L’élite odiata in nome di un distorto concetto di lotta di classe e invidia sociale.

Possiamo dirlo forte e chiaro: l’antisemitismo/antisionismo non ci appartiene e non è mai appartenuto al popolo italiano. 
Lo dice la storia, pure del Ventennio, caratterizzato sì dalle leggi razziali ma «in uno dei pochi paesi d’Europa dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare», per usare le parole dell’ebrea Hannah Arendt sul suo libro “La banalità del male” (da leggere assolutamente, anche per comprendere i rapporti tra Italia fascista ed ebrei).

Se il fascismo e Mussolini sono stati antisemiti, cosa peraltro tutta da dimostrare, gli italiani non lo sono mai stati neppure ai tempi del regime fascista. 
Un’eccellenza tutta italiana, da preservare con gelosia.

Sono parole che rivolgiamo anche a chi oggi si riconosce in Casapound, Forza Nuova e altre formazioni politiche identificate come “neofasciste”: l’antisemitismo/antisionismo non appartiene agli italiani veri né ai fascisti italiani.

Il nostro Piero Torri qualche giorno fa scriveva: “Va bene che gli ebrei sono brutti e cattivi, d’altronde hanno ucciso Gesù ed è dai tempi di Erode che hanno dei problemi con gli infanti, però, se proprio si deve fare il tifo per qualcuno in questi tempi in cui l’offensiva islamista dilaga dalla Siria all’Iraq, dalla Nigeria al Kenya, ci si faccia una domanda: preferireste che i vostri figli, e in particolare le vostre figlie, vivessero in uno stato controllato da Hamas o da un governo israeliano?“.


Parole che rappresentano la nostra stella polare e lo stimolo per l’iniziativa promossa dal giornale. 
QQ-Quotidiano Qelsi ha deciso di ascoltare Oriana Fallaci.
Non è più tempo di tacere. 
Non è più tempo di aver paura di perdere lettori o incrinare la comunità che vogliamo rappresentare, quella dell’elettorato di centro-destra. 
Non è più tempo di adeguarci ai deliri complottisti e anti-ebraici che rappresentano una tentazione nell’area. 

E’ tempo di sostenere Israele incondizionatamente. 
Ecco perché i selfie di “I stand with Israel”, un’iniziativa nata spontaneamente su facebook.
Ci fa piacere che in tanti abbiano aderito, nonostante l’idea non sia stata resa pubblica. 
Oltre ai lettori di QQ-Quotidiano Qelsi, hanno partecipato ai selfie utenti di pagine facebook caratterizzate da un orientamente diverso rispetto al nostro. 
L’album è in movimento e nei prossimi giorni altri potranno unirsi alla nostra campagna di solidarietà.
Anche in Italia c’è chi comprende le ragioni d’Israele. 
E’ un bene. Together we win.

Fonte: LINK


SI PUO’ PIANGERE SULL’ “UNITA’ “?



Il bon ton vuole che, ogni volta che chiude un giornale, ci si improvvisi prefiche. 

Anche se di quel giornale si è sempre detto peste e corna. 
Il principio è che tutte le voci sono utili per la completezza dell'informazione. 
E comunque, anche ad essere inaccettabili, dimostrano quella libertà di stampa che è presidio centrale della democrazia.
Tutto ciò dovrebbe valere anche per l' "Unità", che oltre tutto ha una lunga storia. 
È stato fondato da Antonio Gramsci nel 1924, ed è stato il giornale ufficiale del Pci. 
Il più grande partito comunista del mondo libero che era stanco di essere tale. 
E tuttavia sulla morte di questo foglio sarà pure lecito non versare neanche una lacrima.
Molti attribuiscono a Voltaire d'avere sostenuto questa regola di tolleranza: "Non sono d'accordo con te, ma sono disposto a battermi fino alla morte per sostenere il tuo diritto di esprimerla". 
Può darsi che sia una citazione di fantasia – come quell' "Elementare, Watson", che non si trova in nessun libro di Arthur Conan Doyle – ma, che l'abbia formulato o no Voltaire, è un eccellente principio democratico. 
E tuttavia anche i principi hanno dei limiti. In particolare non ci si può spingere fino ad applaudire chi ha lottato contro la democrazia ed ha tentato di togliercela.


L' "Unità" non è stata l'organo di un partito qualunque. È stato un giornale che ha scientemente ingannato i suoi lettori con menzogne colossali. 
Ha cercato di farci rifiutare quel piano Marshall che tanto ci aiutò nella ricostruzione. 
Ha parlato di Stalin come di un benefattore, uno dei più grandi dell'umanità. 
Ha trattato il "sospetto" dei gulag come di una calunnia, e le "purghe" degli Anni Trenta come di un meritorio fenomeno giudiziario. 
Ha per anni descritto la vita nell'Unione Sovietica come il paradiso dei lavoratori, in piena libertà e in piena prosperità, mentre la realtà, che i dirigenti non potevano non conoscere era che la Russia intera era una prigione a cielo aperto in cui, salvo ad essere membri importanti del partito, si faceva la fame. 
E tutto questo è continuato anche dopo la Seconda Guerra Mondiale. 
Alla morte di Stalin, e poco prima che perfino il Segretario del P.c.u.s. ne rivelasse la natura orrendamente criminale, l' "Unità" lo ha glorificato in modo tale che ancora tutti ce lo ricordiamo. 
E non contenta, tre anni dopo, mentre i carri armati sovietici soffocavano nel sangue la rivoluzione ungherese, l' "Unità" (e Giorgio Napolitano con essa) sostenevano che quella non era una rivoluzione di popolo, era un movimento di terroristi controrivoluzionari sovvenzionati dall'Occidente per abbattere un governo voluto dal popolo.
L' "Unità" ha per molti decenni sostenuto le tesi più sballate, dannose, calunniose e a volte persino criminali che si potessero immaginare. 
E ciò malgrado è stata seguita come un vangelo da chi era disposto a chiudere gli occhi sulla realtà. 
Come scriveva ironicamente Giovannino Guareschi, per negare un fatto bastava dire: "Compagno, l' "Unità" non lo dice". 
E quel quotidiano ha a lungo vagheggiato che anche in Italia si instaurasse, come a Bucarest o a Varsavia, un governo fantoccio agli ordini di Mosca.

Non si può rimpiangere la morte dell' "Unità", che fra l'altro, agiudicare dai precedenti, non è nemmeno detto che sia definitiva: quel giornale è già resuscitato due o tre volte. 
Se oggi muore ancora una volta è perché annientato dal disinteresse dei lettori e dai debiti non pagati. Inutile titolare "Hanno ucciso l' "Unità"". 
Innanzi tutto perché, se vogliamo parlare di delitti, è più grave il crimine da esso commesso per decenni, assassinando la verità al seguito di quell'altro spudorato giornale che si chiamava appunto "Verità" (Pravda, in russo). 
E poi non è stato affatto "assassinato": è soltanto divenuto irrilevante. Si è rivelato un alfiere di idee valide quanto la teoria del flogisto. 
Se avesse continuato a vendere centinaia di migliaia di copie, come negli anni Ottanta del secolo scorso, non avrebbe certo chiuso.
È una sorta di ironia del destino che lo faccia chiudere quel mercato che Marx aborriva, dimostrando ancora una volta che la realtà economica può essere comunista soltanto se sostenuta dalla forza. In quel caso, riesce anche ad imporre il giornale del partito.
I nipoti di Togliatti, che oggi lo piangono, dovrebbero rendersi conto che l' "Unità" è l'eco sopravvissuta di una storia e di una mentalità che hanno fatto troppo male ai poveri e ai lavoratori per essere perdonate.
Solo chi è molto giovane, e comunque soltanto chi non ha conosciuto l' "Unità" degli anni d'oro, può considerarla un giornale qualunque. 
Chi ha vissuto quegli anni oggi sarebbe piuttosto disposto a piangere sulla chiusura di un giornale pornografico che sul giornale fondato da Antonio Gramsci.
Gianni Pardo - pardonuovo@myblog.it - Tratto da: LINK

martedì 8 luglio 2014

Vasco Errani si è dimesso, condannato per il caso Terremerse


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Vasco Errani è stato condannato in Appello per il caso Terremerse.
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Ha appena annunciato che si dimette dall'incarico alla presidenza della Regione.
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L'udienza tenutasi a porte chiuse ed iniziata il 16 giugno scorso alla Corte d'Appello di Bologna aveva visto il pg  Miranda Bambace chiedere due anni per falso ideologico.
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L'accusa era relativa al solo falso contenuto nella relazione inviata alla Procura dalla Regione, firmata da Errani, sul finanziamento alla coop agricola del fratello del presidente.
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Giovanni Errani, fratello di Vasco è accusato di truffa e falso per un finanziamento pubblico da un milione di euro.
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La somma fu erogata alla sua coop dalla Regione Emilia Romagna presieduta da Vasco.
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Nessun altro capo di imputazione per Vasco che sembra non sapesse del finanziamento al fratello.
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Possibile ?
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Vasco Errani è stato condannato oggi a un anno di pena.
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Assolto in primo grado, per il giudice mancava l'aspetto soggettivo del reato, il movente, la consapevolezza di commetterlo, visto che la relazione era stata inviata da Errani di sua volontà per discolparsi.
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La Procura è ricorsa in Appello. Per gli stessi motivi sono stati chiesti due anni e due mesi  per i dirigenti regionali Filomena Terzini e Valtero Mazzotti.
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Dopo l'assoluzione in primo grado dall'accusa di falso ideologico la Corte, presieduta da Pierleone Fochessati, ha emesso oggi il verdetto. 
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Il presidente dell'Emilia-Romagna, rappresentato dal legale Alessandro Gamberini, non era presente in Corte d'appello.
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Aveva dichiarato in precedenza che in caso di condanna si sarebbe dimesso dalla guida della regione Emilia Romagna.
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La Corte d'appello di Bologna ha condannato, ad un anno e due mesi, anche i due funzionari regionali che si occuparono della relazione della Regione per il caso Terremerse, Filomena Terzini e Valtero Mazzotti.
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Fonte: Link
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martedì 1 luglio 2014

La democrazia della sinistra...

La nostra Solidarietà a CasaPound
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Ordigno esplosivo davanti alla sede di CasaPound Bologna in via Malvolta : pista anarchica


Tensione in città : nella nottata è stato fatto esplodere un ordigno davanti alla sede di CasaPound, in via Malvolta.
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E' il terzo "grave episodio in un anno e mezzo - denuncia Stefano Virgili, responsabile bolognese di Casapound - frutto del clima creato ad arte dai professionisti della calunnia e dell'odio politico che non hanno mai smesso di inventare motivazioni pretestuose per puntare il dito e mandare al patibolo un movimento trasparente e che fa la propria attività alla luce del sole come il nostro".
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L'attentato è accaduto alle 4 di notte circa, quando i residenti della zona hanno avvertito un forte boato :
l'ordigno, formato da un tubo riempito di polvere da sparo ha provocato danni alla saracinesca e alle finestre.
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Secondo la Polizia e i Carabinieri che stanno indagando, la pista dell'attentato porterebbe ai gruppi anarchici.
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Il Blog
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Speech by ReadSpeaker