Articolo 21 della Costituzione Italiana

Articolo 21 della Costituzione Italiana:
"TUTTI HANNO DIRITTO DI MANIFESTARE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO CON LA PAROLA, CON LO SCRITTO E OGNI ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE. LA STAMPA NON PUO' ESSERE SOGGETTA AD AUTORIZZAZIONI O CENSURE"

domenica 15 maggio 2016

La verità nascosta : i nodi vengono al pettine !

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Mariano Bignami è un ex partigiano socialdemocratico, ora 89 enne, abitante ad Altedo, un comune della rossa provincia di Bologna.
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Riconosciuto universalmente come patriota, Bignami ha combattuto contro i nazisti nel lontano 1944, come partigiano della quarta brigata “Venturoli Garibaldi”, ed è considerato una voce moralmente superiore, al di sopra di qualsiasi elaborazione storica e politica fatta su quel periodo.
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Bignami ha ammesso pubblicamente in questi giorni di Maggio del 2016 che nel periodo bellico furono commessi misfatti ovunque non solo per mano dei fascisti, ma anche dei partigiani, i quali uccisero persone inermi e innocenti.
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Con la scusa del fascismo, dichiara Bignami, a guerra finita furono assassinate molte vittime per meri interessi economici, oppure per soddisfare un modus operandi che anelava al raggiungimento dello stereotipo imposto dal comunismo sovietico.
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Il lato oscuro della Resistenza, negli anni compresi tra il 1945 e il 1948, emerge oggi prepotentemente, nonostante sia stato tenuto accuratamente nascosto e negato per interi decenni dall’Anpi, che ha fatto del servilismo ideologico verso il comunismo sovietico una vera e propria barriera e uno strumento contro l’affermazione della verità.
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Mariano Bignami offre la sua obiettività e la sua onestà intellettuale a favore di una pacificazione che permetta ai giovani di avvicinarsi senza pregiudizi agli eventi più importanti che attraversarono l’Italia  e il mondo intero nel secolo scorso.
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Bignami e la nipote del Duce
Mariano Bignami ha compiuto questo non facile passo, di rilevanza storica,  abbracciando Edda Negri Mussolini, la nipote del Duce, in occasione della recente presentazione del libro su sua nonna, Donna Rachele, la moglie di Mussolini, e offrendole al contempo il libro scritto da Paolo Bedeschi, che raccoglie le sue memorie di partigiano imolese.
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L’immediata reazione dell’Anpi, per bocca dell’ex deputato Bruno Solaroli, il pensionato d’oro che percepisce 8.455,00 euro di pensione per i suoi 20 anni di militanza nel PCI - DS, ora Presidente dell’ANPI di Imola, ha evidenziato come l’odio sia ancora oggi il filo conduttore dei partigiani comunisti, nonostante sia già ormai storicamente accertato che nel dopoguerra questi abbiano commesso una lunga serie di nefandezze e di atrocità, spesso impunite, complice la benevolenza delle alte cariche dello Stato.
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Ricordiamo a questo proposito che i componenti della famigerata “Volante rossa” , autori di efferati omicidi nell’immediato dopoguerra, furono sì condannati dal Tribunale per i loro delitti, ma furono poi graziati da due Presidenti della Repubblica :
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Sandro Pertini, e Giuseppe Saragat.
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L’opinione pubblica è stata messa in condizione di apprendere solo ciò che faceva comodo che si sapesse, manovrata dagli intellettuali del PCI prima, e dai suoi eredi metamorfizzati poi, fino all’odierno PD, l’ultimo camaleontico risultato dell’evoluzione comunista.
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La manipolazione e la disinformazione sono i cardini su cui si regge l’intero apparato della sinistra internazionale, senza di cui non sarebbe stato possibile presentare il comunismo così come appare e non come è veramente.
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Dalla Rivoluzione russa dell’Ottobre 1917 in poi, la macchina disinformatrice bolscevica ha operato ininterrottamente nel mondo intero per “cambiare le carte in tavola”, in modo tale da stravolgere il senso reale degli accadimenti e degli immensi crimini contro l’Umanità compiuti in nome di Marx e del comunismo.
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I partiti comunisti, non solo europei, hanno fatto calare il sipario sulle aberranti e tragiche malvagità che nel corso delle tirannide simboleggiate dalla “falce e martello” rappresentarono la scena principale di un vero dramma, in cui le vittime sacrificate e sterminate furono decine e decine di milioni, per volontà di Vladimir Lenin, Iosif Stalin, Enver Hoxha, Nicolae Ceausescu, Josip Tito, Pol Pot, e Mao Tse Tung, solo per citare alcuni dei più famosi leader comunisti nel mondo.
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Questi criminali comunisti hanno concorso tra loro a raggiungere in totale l’allucinante cifra di cento milioni di vittime nel secolo scorso.
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Tutto ciò però non impedisce, ancora oggi, che siano intitolate vie o piazze a criminali del calibro di Lenin o Stalin, poiché nell’immaginario collettivo, costruito pazientemente dagli intellettuali mistificatori comunisti, si identificano gli orrori compiuti in nome del marxismo come “diversi” da quelli attuati dai nazisti di “Hitler”.
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Le nefandezze come le deportazioni nei lager, le stragi etniche, sociali, o religiose, trovano una diversa focalizzazione da parte del mondo occidentale, a seconda che queste siano state compiute dai comunisti, oppure no.
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L’accondiscendenza della “civile” Europa verso i crimini comunisti è a dir poco disarmante, ma ciò è il risultato dell’assenza dei tanti “Mariano Bignami” nel corso dell’incedere temporale dal dopo guerra ad oggi.
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Chiunque abbia  tentato, in passato, di far luce sui quei “periodi oscuri” così scomodi per il Partito Comunista, è stato prontamente isolato e tacitato.
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Se Mariano Bignami avesse fatto le sue dichiarazioni nel dopoguerra, anziché oggi, avrebbe sicuramente subìto un diretto e duro attacco, teso alla sua delegittimazione e al suo isolamento.
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Gli esempi non mancano poiché tale modus operandi, tipico dei disinformatori comunisti, fu applicato varie volte, a cominciare da Dante Corneli.
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Costui era un fervente e convinto comunista italiano, segretario di una Sezione del partito, che dovette emigrare in terra di Russia nel 1922, per sfuggire alla cattura, dopo essere stato convolto in un conflitto a fuoco in cui perse la vita il segretario del Fascio di Tivoli.
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Nel 1935 in Russia fu accusato di aver fatto parte della dissidenza trozkista e conseguentemente arrestato e deportato nel famigerato lager di Vorkuta, in Siberia.
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La sua prigionia durò ben 24 lunghi anni, nel 1960.
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Tornato in Italia dopo la sua liberazione, Corneli tentò di far conoscere la vera realtà del cosiddetto “paradiso comunista”, contattando editori ed ex compagni di partito al fine di pubblicare il racconto della sua tragica epopea, ma l’intero sistema comunista gli fece terra bruciata intorno, infamandolo e cercando in ogni modo di screditarlo, per impedire che si venisse a sapere cosa effettivamente accadeva nella Russia marxista.
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Infine Corneli pubblicò in proprio la sua opera, che intitolò “Il redivivo tiburtino”.
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Anche Aleksandr Solzenicyn fu sottoposto ad un vero e proprio linciaggio morale e denigratorio quando presentò le sue opere in Occidente.
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La sua presentazione dell’universo dei gulag spinse gli intellettuali comunisti a dipingerlo come ubriacone, pazzo, ed antisemita.
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Anche i media hanno avuto ed hanno ancora una pesante responsabilità nei confronti della realtà storica : quella di aver quasi ignorato le pur evidenti nefandezze dei regimi comunisti nei confronti della popolazione, in totale dispregio dei milioni di vittime che questi causarono.
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Il cinema ha prodotto film di spessore come “Schindler’s list”, o “La scelta di Sophie”, oppure “La vita è bella”, tutti orbitanti attorno ai crimini nazisti, ma diversamente non si riscontrano opere che sviluppino e trattino degli orrori comunisti.
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Neanche l’istruzione scolastica è stata al passo con una coerenza obiettiva, inflazionando le menti dei giovani scolari con canzonette alla “Bella ciao” o con letture tipo “Il diario di Anna Frank”, guardandosi bene però dal far conoscere i nomi e i cognomi dei gerarchi comunisti più feroci, o le opere della dissidenza anticomunista.
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Lavrentij Berija
Sfido qualunque studente, anche universitario, a dirmi chi siano personaggi come Lavrentij Berija, oppure Nikolaj Ezov, così come a dirmi quali siano i lager più famosi dell’universo concentrazionario sovietico, come ad esempio la Kolyma o le isole Solovki.
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Il comunismo sovietico ha deportato, ucciso, stuprato, torturato, e annichilito l’essenza stessa della popolazione, non solo russa, usando gli strumenti del terrore e della ferocia come modus operandi abituale, dal 1917 al 1953 (anno i cui morì Stalin) e oltre.
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I comunisti Titini hanno compiuto una vera e propria strage etnica, nei territori carsici italiani, allo scopo di appropriarsi dei territori, infoibando migliaia di vittime innocenti, colpevoli solo di essere di etnia italiana.
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Nell’applicare con estrema ferocia la pulizia etnica in Venezia Giulia e in Dalmazia, i comunisti titini si sono avvalsi del benestare dei comunisti e dei partigiani italiani, che con il loro silenzio non hanno prodotto la benchè minima opposizione.
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In questo caso emergono oggi chiaramente le precise responsabilità del criminale comunista Palmiro Togliatti, che anziché opporsi al genocidio invitava gli italiani ad unirsi ai partigiani jugoslavi.
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Il territorio perimetrale compreso tra le zone di Bologna, Modena e Reggio Emilia, delimita una vasta area in cui i partigiani comunisti si abbandonarono a compiere omicidi, stupri, torture, saccheggi, e rapine, al punto che fu chiamata il Triangolo della Morte.
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L’evidenza della sottomissione politica del PCI a Mosca e al comunismo sovietico appare in tutta la sua chiarezza, mentre il servilismo dei quadri direttivi di partito era simbiotico con l’esclusione della pietà, il ricorso alla violenza cieca, alla tortura, all’assassinio, e alle più efferate nefandezze nei confronti delle donne, come ad esempio l’orrore dello stupro di gruppo.
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Nel 2006 perfino il Presidente Napolitano, che pur militò per decenni nel Partito Comunista, ha pronunciato un atto d’accusa in tre parole, che descrivono in sintesi l’operato dei partigiani comunisti :
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“Zone d’ombra, eccessi, aberrazioni”.
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In definitiva, l’attuale Repubblica non si può definire soltanto come “nata dalla Resistenza” ma anche come nata dalla menzogna dei vincitori ed è altrettanto vero che si possa dire :
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"Non tutti i partigiani furono delinquenti, ma tutti i delinquenti furono partigiani".
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Dissenso
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