Sul numero 16 del settimanale “l'Espresso” , edito il 21 aprile 2011, mi sono imbattuto in un articolo che tratta della mancanza di libertà in Cina, e delle relative repressioni, attuate da un regime sempre più feroce.
L'articolo, scritto da Federica Bianchi, è esaustivo e chiaramente dimostrativo di una realtà inaccettabile da chiunque abbia a cuore una seppur minima dignità dell'essere umano.
Le sopraffazioni e la tortura sono all'ordine del giorno, per chiunque non sia allineato con le disposizione di un regime che fa dell'arresto e della deportazione una sua caratteristica peculiare.
Propongo ora il testo di questo articolo, facendo presente a chi legge che tutto ciò che viene evidenziato, comunque, non ha impedito al circo mediatico del Gran Premio di Formula 1 di spostarsi in Cina, così come non ha sollecitato le coscienze europee a promuovere una qualunque iniziativa che boicottasse la Cina stessa.
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L'embargo, la rottura dei rapporti commerciali, o la presa di distanza dai criminali comunisti cinesi, sembrano non appartenere a nessun disegno di convergenza ideale e democratico, che tenda a dissociarsi da chi usa sistematicamente il terrore come arma di dominio sulle masse.
I nostri politici anzi, ricevettero il Presidente cinese nella sua ultima visita in Italia, accogliendolo con tutti gli onori dovuti ad un Capo di Stato, e il nostro Presidente Giorgio Napolitano si è prodotto in strette di mano e sorrisi, pur conscio del fatto che la mano che stava stringendo calorosamente era intrisa del sangue di migliaia di innocenti.
Silvio Berlusconi, e l'intero apparato politico nazionale, ci hanno abituato a tali performance, sia con criminali del calibro di Gheddafi, sia con dittatori quali quello cinese o quello russo.
I rapporti commerciali fanno da sfondo a questo quadro idilliaco, in un contesto da cui traspare la violenza pura e dispotica di personaggi che andrebbero perseguiti a livello internazionale, così come si fa con Bin Laden, di cui non sono certo migliori.
Il titolo dell'articolo di Federica Bianchi è : “Il Dragone taglia I GELSOMINI”.
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La messa in scena è finita.
Complici le rivolte in Nord Africa e la crisi economica, Pechino ha rinunciato a ogni parvenza di Stato di diritto, e senza falsi pudori ha preso a ricorrere alla violenza brutale contro qualsiasi minaccia al suo potere assoluto.
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“Noi cinesi stiamo vivendo nell'Era delle tenebre”, aveva detto qualche giorno fa l'arcinoto artista dissidente Ai Weiwei prima di venire afferrato, perfino lui, dai tentacoli delle forze di sicurezza :
“Viviamo in un boom economico che accresce gli standard di vita a molti, ma dimoriamo negli abissi della storia in termini di libertà artistica, di espressione e di istruzione.”
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Quando questa ondata di terrore sia iniziata non è chiaro.
“Io fisso la data allo scorso 8 ottobre, quando Liu Xiaobo vinse il premio Nobel per la Pace”, taglia corto al telefono John Kamm, il fondatore di Duihua, l'associazione non profit americana, che da anni media con le autorità cinesi il rilascio dei prigionieri politici.
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Ma già all'inizio del 2010 l'avvocato dei cristiani, Fang Yafeng, oggi anch'egli sparito tra i gangli della Polizia, aveva confessato all'”Espresso” che il 2009 era stato l'anno peggiore per i diritti umani, il rispetto delle leggi e la democrazia.
Ancora prima, nella primavera del 2008, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Pechino, c'era stata la repressione nel sangue di migliaia di monaci tibetani e di altrettanti uiguri, la perseguitata minoranza di origine turca della provincia occidentale dello Xinjiang.
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La verità è che dalla fine del 2007 ogni anno ha visto la repressione dittatoriale del regime inasprirsi e il target dei cittadini da colpire allargarsi :
dai dissidenti e dagli attivisti ai loro avvocati;
poi ai blogger e agli artisti;
fino a comprendere qualsiasi cittadino non pensi e parli come una pecora di Stato.
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Se fino al 2008, i cittadini incriminati per “incitamento alla sovversione dello Stato” si aggiravano sui 300-400 l'anno, negli ultimi tre anni sono saliti a mille, mentre il numero dei prigionieri politici liberati è diminuito.
“E' da dodici mesi che non riusciamo più a mediare nessun rilascio”, spiega Kamm.
Al contrario, le pene delle sentenze più recenti si sono allungate.
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I dissidenti e gli attivisti dei tempi del massacro di Tiananmen nel 1989 ricevevano condanne di quattro anni : adesso chi si oppone al regime direttamente o indirettamente è gettato in cella per almeno dieci anni, come dimostrano i casi dell'attivista Liu Xianbin (25 marzo 2011) e del più celebre premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo (11 anni di carcere).
In molti sono torturati fino al punto da essere resi disabili come Ni Yulan, l'avvocatessa dei poveri che, dopo 50 ore di tortura in cui le hanno fracassato piedi e ginocchia, ha per sempre perso l'uso delle gambe, o Liu Guiying, la giovane avvocatessa che a Gennaio, durante un'udienza, è stata picchiata così forte dalla polizia del tribunale di Harbin, nel Nord del Paese, da perdere il figlio, che portava in grembo.
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L'inasprimento della repressione va di pari passo con l'accresciuta consapevolezza da parte delle autorità della potenziale vulnerabilità del regime dittatoriale.
“I cinesi stanno meglio di una volta ma hanno maggiori aspettative”, spiega Renee Zia, la direttrice di “Chinese Human Rights Defenders” :
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“Certo, non siamo nella situazione della Tunisia, ma gli avvenimenti del medio oriente stanno preoccupando molto Pechino che conosce i suoi problemi :
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dall'inquinamento agli espropri, dall'inflazione alla corruzione.
Se non riuscirà a trovare in fretta delle soluzioni concrete rischierà di doversi confrontare con migliaia di proteste”.
Secondo uno studio condotto dal professor Sun Liping dell'Università di Tianjing e pubblicato dal settimanale cinese “Economic Observer” i cosiddetti incidenti, ovvero le proteste scoppiate nel paese, nel 2010 sono state 180.000, ovvero circa 500 al giorno, rispetto alle 87.000 del 2005.
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Tra i motivi del malcontento ci sono una disoccupazione crescente soprattutto tra i giovani che non trovano impieghi adeguati al loro grado di istruzione, la corruzione dilagante dei burocrati del partito e lo spaventoso divario tra ricchi e poveri.
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Per dirla con le parole di una ragazza della benestante provincia del Fujian :
“Qui non esistono vie di mezzo : o guidi un'auto di lusso o vai ancora in bicicletta” , con tutti i problemi sociali che ne conseguono.
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Negli ultimi mesi lo spettro peggiore è diventata la crescita del 5 per cento dell'inflazione, soprattutto alimentare, che sottolinea ulteriormente il divario tra classi sociali, visto che a soffrirne sono solo le più deboli.
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Senza contare l'inarrestabile corsa dei prezzi del settore immobiliare (secondo fonti non ufficiali saliti ancora una volta del 20 per cento in un anno) dove nemmeno l'intervento del primo ministro Wen Jiabao a favore della costruzione di case popolari sembra avere sortito effetto.
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E, a dimostrazione che il futuro potrebbe essere meno roseo perfino in Cina, Wen ha annunciato che la crescita economica nel prossimo quinquennio potrebbe scendere dal 10 al 7 per cento, una soglia che gli analisti economici per anni hanno indicato come appena sufficiente per mantenere un livello di sviluppo economico tale da garantire la stabilità politica.
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Ce n'è quanto basta per mandare in fibrillazione il partito comunista nell'anno del suo novantesimo anniversario.
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Così da metà febbraio scorso, quando si è alzato il vento arabo delle rivoluzioni, pur imbrigliato dalla censura di Stato, ha trovato spiragli tra i twitter cinesi fino a trasformarsi in un abbozzo di rivolta.
Le eminenze grigie hanno reagito dando carta bianca alla polizia affinchè impedisse alle proteste di diffondersi.
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“Oramai in Cina la legge non esiste più”, spiega dagli Stati Uniti Watson Meng, il fondatore del sito d'opposizione Boxun sul quale sono apparsi i primi appelli alla fallita rivolta dei gelsomini, durante la quale, per mancanza di un numero sufficiente di attivisti, le centinaia di poliziotti presenti se la sono presa perfino con i giornalisti occidentali.
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“Fino a qualche mese fa avevi un'idea delle regole e di dove potevi spingerti per non mettere in pericolo la tua vita”, racconta Li Shuang, una giornalista cinese che lavora nell'ufficio del “New York Times” :
“Oggi ogni regola implicita è stata infranta.
Nessuno è più al sicuro.”
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In altri tempi Ai Weiwei non sarebbe mai stato arrestato.
Non solo perchè è forse uno dei cinesi più conosciuti al mondo, artista di talento e figlio di uno dei maggiori poeti del secolo scorso, ma anche perchè, seppur carattere ribelle e persistente combattente contro le ingiustizie del regime, non aveva mai attaccato frontalmente il diritto del partito comunista a governare.
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“I capitali occidentali non stanno capendo la portata di quanto sta succedendo in Cina”, spiega da Hong Kong Nicholas Bequelin di “Human Rights Watch Asia” :
“Il regime sta ridefinendo i limiti della libertà di opinione”.
Strumento principe : la violenza.
Il 10 febbraio l'avvocato cieco Chen Guangchen e sua moglie sono stati picchiati dalla polizia dopo che era circolato su internet un video che documentava la loro miserabile vita agli arresti domiciliari nello Shandong dal 2010.
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Il 16 febbraio gli avvocati Xu Xhiyong, Li Heping e Li Xiongbing sono stati posti agli arresti domiciliari per impedire loro di partecipare a un incontro tra uomini di legge in cui si sarebbe dovuto discutere su come aiutare il povero Chen.
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Dopo l'incontro, Jiang Tianyong, Teng Biao e Tang Jitian, tre celebri legali di Pechino, da anni sotto sorveglianza, sono letteralmente spariti, esattamente come era successo l'anno scorso a Gao Zhisheng, torturato per 50 giorni dalla polizia e poi scomparso nel nulla.
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Jitian, ex avvocato dello studio legale Anhhui che “l'Espresso” aveva incontrato poco dopo che gli venne revocata la licenza per impedirgli di lavorare, sarebbe riapparso nella sua casa nella provincia del Jilin, in pessime condizioni fisiche dopo essere stato torturato per giorni.
Un'ecatombe del diritto, sintomo di un regime non più preoccupato di comunicare al mondo un'immagine di rispettabilità, come era stato fino al 2008, ma solo determinato a sopravvivere con ogni mezzo.
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E non è un caso che i leader che saliranno al potere l'anno prossimo – da Xi Jinping a Bo Xilai – appartengono alla fazione dei più duri.
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Dietro le quinte, già da ora manovra il sistema di sicurezza il sessantottenne Zhou Yongkang, ufficialmente nono membro del Politburo, ma soprattutto ex capo della sicurezza pubblica tra il 2002 e il 2007, responsabile della repressione in Tibet e della sicurezza alle Olimpiadi.
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A lui è stato affidato un budget di 95 miliardi di dollari, un ammontare che per il secondo anno consecutivo supera quello dell'esercito, e che è ritenuto indispensabile per garantire la stabilità del sistema.
Un dettaglio per capire :
in barba all'articolo 37 della Costituzione che recita “ la libertà del cittadino è inviolabile”, la Cina possiede oltre sette milioni di telecamere di sorveglianza, e altri otto milioni saranno installate entro il 2015.
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Il solo comune di Pechino ha annunciato che spenderà quasi un milione di dollari per oltre duemila telecamere in teatri, cinema e bar e monitorarne contenuti e performance.
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“Il governo ha paura che basti poco per portare milioni di persone in piazza”, spiega Meng :
“Non posso dargli torto.
Entro un paio di anni potremmo avere un cambio di regime”.
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Kamm è più cauto :
“Non credo che avverrà così presto.
Ci sono ancora più cittadini contenti dei progressi economici che scontenti dei problemi.
Ma non sarei disposto a scommettere sulle mie parole.
Noi stranieri sulla Cina ci siamo sbagliati troppo spesso”.
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Vorrei ora sottolineare ed evidenziare come, in Cina, si ricorra abitualmente all'uso della tortura, per piegare la volontà dei dissidenti, e di coloro che non sono allineati alle disposizioni del regime.
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I capi che detengono il potere sono coloro ai quali il nostro Presidente Napolitano ha stretto la mano (le fotografie hanno fatto il giro del mondo : eccone una !! ) .
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.Ecco come, sul sito "Il Cannocchiale" vengono descritte alcune delle torture più in uso.
(Articolo di Hurricane_53)
Pochi anni fa in Cina fu lanciata in Cina una feroce persecuzione contro decine di milioni di praticanti del “Falun Gong”, un credo basato sui principi di Verità Compassione e Tolleranza.
Per “rieducarli” furono impiegati più di un centinaio di metodi di tortura: alcuni sono descritti in questo post.
Va aggiunto che queste barbarie furono applicate su anziani, ragazze adolescenti e donne incinta.
Alla luce di quanto sta accadendo in Tibet, esiste il ragionevole dubbio che le stesse tecniche verranno applicate per “rieducare” gli insorti di quel tormentato popolo.
Percosse e Droghe
Oltre alle tradizionali percosse, effettuate con bastoni o semplicemente prendendo a calci le vittime e possono provocare la morte del malcapitato; vengono iniettate delle droghe, a volte sono miscele ignote, che arrivano a danneggiare il sistema centrale nervoso, alcuni sono stati torturati fino a provocare alle vittime lo squilibrio mentale o la morte.
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Scariche Elettriche
Gli ufficiali della polizia e le guardie carcerarie usano bastoni - talvolta muniti di punte - elettrici ad alta tensione (fino a 300.000 volt) per provocare shock nelle parti sensibili ed in quelle intime delle vittime come : bocca, orecchio, palme delle mani, sotto i piedi e seni.
Il bastone elettrico può essere inserito nella vagina della donna; sposata o nubile, per i carcerieri non fa differenza.
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Talvolta, per aumentare la sofferenza, vengono usati simultaneamente più bastoni elettrici.
La tortura può durare per sette ore consecutive, con effetti devastanti.
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Ustioni
Le ustioni sono effettuate con le sigarette sul viso e lasciano il volto deturpato da cicatrici nere.
Viene praticata sulle giovani donne allo scopo di sfigurarle per tutta la vita.
Per questa pratica polizia e carcerieri si servono anche di accendini; oltre al volto (bruciando persino le sopracciglia), le bruciature vengono inflitte sul mento, alle cosce, o sulle parti intime.
A volte, i carcerieri mettono barre di ferro nel carbone ardente fino a farle diventare roventi e poi le usano per bruciare il petto e le cosce.
. Alimentazione Forzata
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Inflitta (ufficialmente a scopo umanitario) quando le persone cercano di attuare lo sciopero della fame: le vittime sono sottoposte all’alimentazione forzata con una miscela di acqua salata concentrata, sciroppo di amido, succo di peperoncino e acqua, medicine irritanti, liquore di alta gradazione, detersivo, urina ed escrementi e così via, diluiti con l’acqua.
Per evitare che la vittima resista, viene immobilizzata saldamente con corde, pesanti catene, o con le mani ammanettate dietro la schiena, viene anche messo sul capo un pesante “copricapo di ferro” per limitarne i movimenti. .
“Il letto dei morti”
Chiamato anche “il letto che allunga”: usato per punire chi fa lo sciopero della fame o quelli che rifiutano di rinunciare al loro credo.
Le mani e le caviglie della vittima vengono legate strettamente al “letto dei morti”, in modo che non possa muoversi.
Poi i carcerieri o anche altri detenuti circondano la vittima per sottoporla all’alimentazione forzata attraverso il naso. Il supplizio può durare anche una ventina di giorni, durante i quali la vittima giace immobile sul “letto dei morti”; per far evacuare le donne viene loro inserito a forza un catetere nell’uretra.
Ad essa può essere associata la privazione del sonno e il lavaggio del cervello, che fanno aumentare la pressione sanguigna al punto di portare alla cecità.
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La vittima viene dapprima percossa da altri detenuti, la vittima viene accucciata, poi legata alle gambe ed ai piedi, mentre il collo viene a sua volta legato alle gambe, le mani sono poste dietro la schiena.
In questa posizione la vittima viene posta sotto un letto e sopra il quale vengono messi dei pesi o altre persone per comprimere la sua schiena. Alcuni dopo questa tortura sono rimasti paralizzati.
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Abusi Sessuali
Ufficiali della polizia e guardie carcerarie violentano singolarmente o in gruppo le donne, anche davanti alle altre detenute.
A volte, dopo averle denudate, le gettano nelle celle degli uomini.
Per fiaccare lo spirito delle vittime, scene di violenza vengono praticate per strada, davanti agli occhi della popolazione. Le violenze sessuali vengono praticate anche inserendo oggetti, come lo sfollagente, nella vagina della vittime.
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Aborto forzato
Per poter “utilizzare” le donne incinte nei campi di lavoro forzato, le guardie le costringono ad abortire, senza badare al periodo di gestazione in cui si trovano o se vi siano rischi per la vita della vittima.
Le iniezioni vengono praticate in presenza degli aguzzini che assistono al dolore della vittima e la scherniscono mentre abortisce; dopo la pratica la donna non ha diritto nemmeno ad un breve riposo.
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La cella piena d’acqua
La cella piena d’acqua: la vittima viene posta nuda in una vasca di acqua lurida che arriva all’altezza del petto.
Chi è sottoposto a questa tortura non può vedere la luce del sole per lungo tempo.
Gli aguzzini decidono a loro piacimento la durata della tortura.
Nella peggiore delle ipotesi le vittime muoiono, nella migliore escono dalla stanza con il corpo ricoperto di ulcere. ..
Congelamento, esposizione sotto il sole
In inverno, con temperature di 20°C e 30°C gradi sotto zero, gli aguzzini obbligano le vittime a stare in piedi all'esterno coperti solo con la biancheria intima.
In estate, le vittime vengono ammanettate e lasciate all'aperto sotto il sole cocente per ore; la tortura provoca svenimenti, ustioni sulla pelle e perdita di fluidi fisiologici.
In alcuni “corsi di rieducazione”, per nascondere le atrocità, i carcerieri usano metodi ancora più perversi : in piena estate, rinchiudono stipate in una piccolissima cella le vittime per lunghi periodi ed aprono il riscaldamento al massimo per soffocarle.
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I bastoncini di bambù
Lunghi bastoncini di bambù sono infilati sotto le unghie delle mani e/o anche dei piedi, causando alle vittime un dolore estremo.
Quando la vittima sviene e perde conoscenza per il dolore, i carnefici infilano nuovamente i bastoncini di bambù per costringerla a svegliarsi.
A volte per aumentare il dolore vengono infilati nella biancheria intima i mozziconi ardenti delle sigarette. ..
Legare la vittima ad un mezzo
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I poliziotti legano la vittima dietro ad una macchina o a un motociclo, poi guidano il mezzo a tutta velocità, trascinandola, martoriandone il corpo di ferite e contusioni e spaccando le ossa.
Le ossa a volte escono dalle ferite provocate dal trascinamento.
Una variante consiste nel gettare prima la vittima nel fuoco e poi trascinarla con il mezzo.
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Lavoro in schiavitù
Le persone vengono imprigionate e costrette a lavorare in schiavitù, senza alcun compenso, in ambienti di lavoro pessimi.
Gli oggetti prodotti includono confezioni di bastoncini da pasto, giocattoli da regalo per i fast-food e prodotti per capelli. .
Bacchette “igenicamente testate”
Il Dipartimento di Spediziione dell'Ufficio d’Educazione al Lavoro di Pechino ha costretto la gente nel campo di lavoro a lavorare dalle 6:00 del mattino fino alle 9:00 di sera, a volte anche oltre mezzanotte.
Dozzine di detenuti vengono rinchiusi in una piccola stanza, le bacchette da imballare sono buttate sul pavimento e spesso calpestate dalle operaie.
Molte di loro hanno malattie della pelle, scabbia ed alcune erano tossicodipendenti o con malattie sessuali.
Alcuni detenuti nutrono ostilità nei confronti della società e quindi sporcano la punta delle bacchette, strofinandole sui piedi o su altre parti del corpo.
Il pagamento per il lavoro forzato è diventato un reddito per i poliziotti dei campi di lavoro.
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Candele di cera che emettono forti odori chimici
Da luglio 2001, i funzionari del campo di lavoro Longshan hanno costretto i detenuti a produrre candele di cera in vari colori.
Molti hanno sofferto di vertigini e debolezza ed hanno perso appetito dopo aver inalato gli odori tossici emessi dalle candele.
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Cuscini per i sedili d’automobile
Il campo di lavoro forzato di Jiamusi ha costretto i detenuti a produrre cuscini per sedili di automobile dalle 7 di mattina alle 8 di sera, senza pause.
Questo tipo di cuscini produce molta polvere, nociva alla salute, irrita il sistema respiratorio e causa pruriti in gola e difficoltà di respirazione.
Nell’area di produzione non c’erano misure di sicurezza.
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Gadget per fast food
.I funzionari del campo di lavoro forzato Hewan nella città di Wuhan hanno costretto i detenuti a produrre giocattoli da regalo per ristoranti fast food fuori della Cina.
L'officina apre alle 6 di mattina e rimane in attività fino alle 2 di notte.
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Bastoni per il controllo traffico e stuzzicadenti
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Il campo di lavoro Changlinzi ha costretto i detenuti con la vista migliore a saldare i bastoni per il controllo del traffico usati dalla polizia stradale.
I bastoni sono esportati in Corea del sud.
I detenuti con la vista meno buona sono costretti a fare stuzzicadenti.
Nel campo si lavora fino a 16-17 ore al giorno.
Chi non lavorare velocemente finisce col lavorare giorno e notte.
Spaghetti e pane di farina di mais sono gli unici cibi disponibili.
I detenuti subiscono la torture di scosse elettriche e percosse.
Ed il mondo "civile" tace ....
( Rielaborato da Hurricane 53, tratto da Clearwisdom.net)