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CLASSIFICAZIONE
TASSONOMICA :
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DIVISIONE : Basidiomycota
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CLASSE : Agaricomycetes
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ORDINE
: Agaricales
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FAMIGLIA
: Amanitaceae
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GENERE
: Amanita
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SPECIE : Amanita
muscaria (Lam., 1783)
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Nella precedente e superata classificazione tassonomica questo fungo era chiamato anche Agaricus muscarius o Agaricus pseudo aurantiacus.
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A seconda delle località di raccolta, è comunemente
chiamato anche con i seguenti nomi volgari :
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Ovolo
malefico, Ovolaccio, Tignosa moscaria, Cocco matto, Moscaria, Cappero
allucinogeno.
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L’epiteo “muscaria” deriva dall’antica usanza di stordire le mosche mettendo sulla tavola un piatto con i cappelli imbevuti di latte, poichè le tossine sono contenute principalmente nella cuticola del cappello.
L’epiteo “muscaria” deriva dall’antica usanza di stordire le mosche mettendo sulla tavola un piatto con i cappelli imbevuti di latte, poichè le tossine sono contenute principalmente nella cuticola del cappello.
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Questo
meraviglioso fungo che spicca nei boschi per la sua bellezza, è tossico ed è
responsabile secondo alcuni autori, se ingerito, della sindrome muscarinica,
così chiamata anche se in effetti nei carpofori di Amanita muscaria la
muscarina è presente in tracce clinicamente non significative, mentre è più
ravvisabile secondo altri una sindrome di tipo panterinico, legata a principi
attivi che agiscono sul Sistema Nervoso centrale.
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I
principi attivi neurotossici sono presenti sia sulla cuticola che nello strato
sottocuticolare del carpoforo e in particolare sono stati isolati tre alcaloidi
strutturalmente correlabili all’isossazolo, denominati :
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acido ibotenico, muscimolo, e muscazone, i quali sono tossine termostabili e quindi resistenti alla cottura.
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acido ibotenico, muscimolo, e muscazone, i quali sono tossine termostabili e quindi resistenti alla cottura.
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Questi
derivati sono contenuti nell’Amanita muscaria in proporzione di 180 mg per 100
g di fungo.
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Il
muscimolo in particolare è la sostanza più attiva e responsabile della
manifestazione di effetti allucinogeni, mentre l’acido ibotenico viene
rapidamente eliminato con le urine nel giro di 20/90 minuti, e in parte
trasformato anch'esso in muscimolo.
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Il
Muscazone sembra non avere effetti tossici, mentre le altre due tossine
(derivati dell’isossazolo) agiscono sul Sistema Nervoso Centrale inducendo uno
stato di intossicazione simile a quello prodotto dall’alcool etilico, con
fenomeni di eccitazione, sedazione, e allucinazioni.
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Le
allucinazioni prodotte sono sia di tipo uditivo che visivo, unite a sonnolenza,
aritmia bradicardica (rallentamento del battito cardiaco), deliro, perdita di
coscienza e convulsioni.
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La letteratura su tale argomento racconta che i guerrieri vichinghi ne facessero uso prima delle battaglie per ottenere uno stato di “frenesia” (dovuto al muscimolo), mentre alcune popolazioni artiche e della Siberia occidentale, come le popolazioni di etnia Lappone, Khanty, Chukchi, Koryak (di stirpe mongola), ed altri, facevano uso di Amanita muscaria sia in ambito religioso che per migliorare le loro prestazioni psico fisiche.
La letteratura su tale argomento racconta che i guerrieri vichinghi ne facessero uso prima delle battaglie per ottenere uno stato di “frenesia” (dovuto al muscimolo), mentre alcune popolazioni artiche e della Siberia occidentale, come le popolazioni di etnia Lappone, Khanty, Chukchi, Koryak (di stirpe mongola), ed altri, facevano uso di Amanita muscaria sia in ambito religioso che per migliorare le loro prestazioni psico fisiche.
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L’ambito
religioso e il desiderio di comunicare con il Regno dei morti e degli spiriti,
così come vedere nel passato o prevedere il futuro, hanno indotto al consumo di
Amanita muscaria le popolazioni sopra citate durante i loro cerimoniali.
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Anche
nel continente americano due popolazioni insediate al confine tra Stati Uniti e
Canada, gli indiani Chippewa e i Dogrib, usavano l’Amanita muscaria nei loro
rituali sciamanici, così come presso gli indigeni guatemaltechi del centro
america (che chiamavano il fungo con il nome di Kalulya) e presso i Maya di
lingua tzetzal del Messico (che lo chiamavano yuy chauk, cioè “fungo dei
lampi”).
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Anche
oggi però il consumo del carpoforo è diffuso, e non solo limitatamente a tali
etnie, ma anche presso coloro che essendo alla ricerca di sensazioni e di allucinazioni visive e uditive reperiscono il prodotto secco attraverso l’offerta presente sul web, che risulta essere perfettamente legale.
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E’
bene sottolineare chiaramente che l’avvelenamento indotto dall’Amanita
muscaria
, così come altre specie di Amanita, definito anche “sindrome micoatropinica” è caratterizzato
da sintomi simili a quelli indotti da piante
atropiniche quali
Atropa
belladonna, Datura stramonium e Hyosciamus niger.
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Le
prime manifestazioni dell’avvelenamento comprendono le vertigini, la difficoltà nel
mantenere l’equilibrio e nel coordinare i movimenti e la sonnolenza.
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Segue
una fase di eccitamento psicomotorio accompagnato da euforia e ansia, ed è in
questa fase che si manifestano anche le allucinazioni.
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Le fasi di eccitazione e di sonnolenza possono alternarsi più volte.
Le fasi di eccitazione e di sonnolenza possono alternarsi più volte.
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Si
ha inoltre secchezza cutanea e delle mucose, tachicardia (come già accennato),
riduzione della motilità intestinale, ipertermia, spasmo dello sfintere
vescicale, arrossamento del volto e midriasi.
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Spesso
possono comparire anche disturbi gastrointestinali quali nausea, vomito e
diarrea.
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Negli avvelenamenti gravi possono manifestarsi tremori o convulsioni con perdita della coscienza, perdita dei riflessi e coma.
Negli avvelenamenti gravi possono manifestarsi tremori o convulsioni con perdita della coscienza, perdita dei riflessi e coma.
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Le intossicazioni nell’adulto sono raramente di grave entità, tuttavia può accadere che, in preda allo stato di agitazione maniacale, l’assuntore possa nuocere a se stesso o agli altri.
Le intossicazioni nell’adulto sono raramente di grave entità, tuttavia può accadere che, in preda allo stato di agitazione maniacale, l’assuntore possa nuocere a se stesso o agli altri.
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Nonostante
tutte queste caratteristiche, non certo invitanti, in alcune zone d’Italia
l’Amanita muscaria viene ugualmente consumata, per semplici finalità di
sperimentazione culinaria e gastronomica, dopo essere stata sottoposta ad un
trattamento di de-tossificazione che prevede una lunga bollitura, la salamoia, e diversi prolungati lavaggi.
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Ritengo che comunque, potendo disporre di molte altre specie fungine ottime e commestibili, non sia consigliabile ricorrere al consumo dell’Amanita muscaria, classificandola tra le specie tossiche e da evitare.
Ritengo che comunque, potendo disporre di molte altre specie fungine ottime e commestibili, non sia consigliabile ricorrere al consumo dell’Amanita muscaria, classificandola tra le specie tossiche e da evitare.
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La
presenza dell’Amanita muscaria nei boschi non passa inosservata, sia per la
vivacità dei suoi colori, sia perché i funghi raggiungono l’altezza anche di 25
cm da terra, e un diametro del cappello di più di 20 cm.
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Nell’immaginario
collettivo l’Amanita muscaria è associata a ricordi del’infanzia (i bambini
infatti lo disegnano spesso, con il suo cappello rosso e i puntini bianchi) per
la dimensione fiabesca in cui è collocato, rappresentato infatti come casa degli gnomi
e delle fate e come il fungo della favola di "Biancaneve e i sette nani".
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Il
mondo magico si ricollega quindi alle origini ancestrali sciamaniche che,
pur rimaste sopite, rimangono presenti ancora oggi.
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Dal punto di vista strutturale, come si evince anche dalle immagini, il gambo è cilindrico e slanciato, di colore bianco e con un vistoso anello nella parte alta, bianco , membranoso e persistente, un pò striato, mentre alla base è nettamente bulboso, pieno poi cavo, spesso squamuloso-forforaceo.
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Dal punto di vista strutturale, come si evince anche dalle immagini, il gambo è cilindrico e slanciato, di colore bianco e con un vistoso anello nella parte alta, bianco , membranoso e persistente, un pò striato, mentre alla base è nettamente bulboso, pieno poi cavo, spesso squamuloso-forforaceo.
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Le
lamelle
sono fitte, libere, di colore bianco, che talvolta volge al giallo-limone, con lamellule.
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Le lamelle sviluppano l'imenio, la parte fertile del fungo dalla quale si formano le spore.
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Il
cappello, che come in tutti i carpofori rappresenta la parte più interessante, essendo quello immediatamente visibile, ha un diametro che varia da 8 a 20 cm circa di diametro, ha una colorazione che spazia dal rosso vermiglio al rosso acceso, raramente giallastro, ed è cosparso di verruche bianche o gialle, che sono il rimanente del velo generale da cui era ricoperto inizialmente.
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L'orlo è liscio, ma striato nel senso delle lamelle, mentre la cuticola è viscida a tempo umido, e facilmente staccabile dal cappello.
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Allo stato giovanile è chiuso a forma di uovo, a forma emisferica, mentre una volta maturo si apre assumendo la consueta forma a fungo.
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Esiste una varietà
dell'Amanita muscaria
denominata Amanita aureola
(Kalchbr.) Quèl. 1886, che si distingue dalla forma classica per la colorazione del cappello, che si presenta arancione e privo delle caratteristiche verruche bianche.
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Questa variante è stata causa di pericolosi fraintendimenti perché confusa anche dai più esperti con Amanita Caesarea per via del cappello aranciato e privo, appunto, delle verruche bianche.
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(Ricordiamo che l'Amanita Caesarea ha però le lamelle, il gambo, e l'anello di colore giallo).
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L'Amanita muscaria cresce in estate e in autunno (da maggio a novembre), sotto conifere e latifoglie, soprattutto nei boschi di montagna (latifoglie e aghifoglie) ma anche in habitat mediterraneo, e in particolare sotto Eucaliptus con terreno acido.
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Dissenso
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