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Si è appena conclusa la tredicesima edizione della manifestazione "La Dolce Fiera" di Minerbio, con tanto di "Notte bianca", festeggiamenti, e carri carnevaleschi.
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Personalmente dissento da questo clima di forzata
allegria, consapevole della tragedia che ha colpito l’Emilia intera a causa del
terremoto, anche se le motivazioni ufficiali di chi ha voluto che si procedesse
alla realizzazione di questa manifestazione si basano sul fatto che si
sarebbero raccolti fondi pro terremoto.
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Secondo me si poteva lo stesso indire una raccolta di
fondi e di aiuti tra la popolazione locale, senza per questo svagarsi come a
carnevale mentre i nostri vicini di casa piangono i loro lutti e vivono nelle
tende.
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Infatti, è il Sindaco che appare con maggiore frequenza
sul quotidiano bolognese, grazie alla solita e ritrita collaborazione di Matteo
Radogna, che assume quasi l’aspetto di suo addetto alle pubblic relations.
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Tutti coloro che hanno passeggiato lungo la via principale
del paese in occasione della kermesse hanno potuto constatare come l’apparato
commerciale e la struttura portante della manifestazione stessa, con tutte le presenze di bancarelle e di
venditori, sia stata interamente, o quasi, monopolizzata e fagocitata dai
cinesi.
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Il 95 % del mercato era infatti di etnia cinese, che
sempre in numero maggiore stanno scalzando i nostri commercianti italiani.
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Tutto ciò è reso possibile dal fatto che i prezzi esibiti
da costoro sono molto bassi e comprensibilmente appetibili, specialmente in
questo periodo di crisi.
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Nel paese del Celeste Impero, in cui vige ancora oggi un
asfissiante comunismo, feroce e sanguinario, esistono grandi lager camuffati da
fabbriche, volutamente celati e mimetizzati.
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Questi luoghi dell’orrore, altro non sono che i famigerati
Laogai, o luoghi di rieducazione forzata attraverso il lavoro, in cui vengono
rinchiusi tutti coloro che esprimono qualche seppur minimo motivo di dissenso
verso il regime comunista.
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Le tante persone che non sopravvivono diventano oggetto di
espianto di organi, che la Cina vende al miglior offerente, ponendosi al primo
posto nel mondo per la commercializzazione di organi umani.
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I gerarchi comunisti, facilitano l’emigrazione di coloro
che sono disposti a fare da anello finale (quello della vendita) e invia in
Italia famiglie intere, che sistematicamente si insediano nel panorama
commerciale non solo italiano.
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I destinatari sono tutti quei cinesi che costituiscono
insieme un unico e grosso CANCRO sociale, dal momento che vivono sulla pelle
dei loro sfortunati connazionali, e che oltre tutto mettono in ginocchio la
nostra economia..
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Inoltre, potendo disporre di merce a costo zero, stanno
monopolizzando interi mercati e settori merceologici, mettendo sul lastrico le
aziende italiane che per produrre lo stesso materiale devono subire i costi
delle tasse, dei contributi, dell’assistenza sanitaria, e delle maestranze.
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Lo Stato non fa nulla
per impedirlo, anche se sarebbe sufficiente imporre dei forti dazi alle
importazioni per costringerli a stare al di sopra di una soglia minima di
prezzo.
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Il guadagno che il cittadino crede di fare comprando dai
cinesi, è frutto del lavoro in condizioni di schiavitù di bambini, donne, e
interi nuclei familiari.
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Inoltre, non solo la qualità dei loro prodotti è quasi
sempre scadente, ma presenta anche caratteristiche di vera e propria nocività e
pericolosità per la salute, come testimoniano i frequenti ( ma ahimè
insufficienti) sequestri dei Nas.
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L’unico mezzo che abbiamo quindi per arginare questo
fenomeno è quello di boicottare i prodotti cinesi, smettendo di farci allettare
dai loro prezzi bassi (ma insanguinati).
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Chissà se il nostro Sindaco pensava a queste cose mentre
si beava mediaticamente, immortalato con le due Miss di turno …
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Certo è che il comunismo forse non gli dà molto fastidio,
viste le origini del partito che è dietro le sue spalle !
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Personalmente, rinnovo il mio invito a tutti quei
minerbiesi che hanno a cuore i valori della libertà e della democrazia per
BOICOTTARE I PRODOTTI CINESI, disertando manifestazioni come quella a cui
abbiamo appena assistito , "la Dolce
fiera”, che sarebbe bene ridenominare per l’appunto : “la Dolce Cina”.
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Dissenso
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